Nasceva per unire - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
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Il polpettone mentre viene roso<strong>la</strong>to.<br />
Ad<strong>di</strong>o America, ora chiamiamolo polpetta<br />
Nel <strong>di</strong>cembre dello stesso anno, certamente non <strong>per</strong><br />
vendetta, Carlo Petrini, fondatore <strong>di</strong> Slow food, scriveva<br />
sull’Espresso: “Ma <strong>per</strong>ché prenderse<strong>la</strong> tanto se, dopo tutta<br />
l’Europa anche <strong>la</strong> Francia si è arresa all’hamburger. Era<br />
da aspettarselo! In fondo <strong>per</strong>ò, tornando in Europa, questo<br />
cuore vagabondo e con poche pretese, è solo tornato a casa,<br />
da dove era partito. Dunque, non bisogna esser tristi, ma è<br />
ora <strong>di</strong> gridare tutti insieme “Ad<strong>di</strong>o America. Ben tornato a<br />
casa! Ma, <strong>per</strong> favore – concludeva Carletto – fi niamo<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />
chiamarlo hamburger . Dopo una vita così travagliata in<br />
giro <strong>per</strong> il mondo, ora possiamo, fi nalmente, chiamar<strong>la</strong> con<br />
il suo proprio nome d’origine: Polpetta”.<br />
E bisogna aggiungere – <strong>di</strong>co io – che, da quando è nata,<br />
nel suo girovagare,<strong>la</strong> semplice, umile, ma squisita polpetta<br />
ne ha viste <strong>di</strong> “cotte e <strong>di</strong> crude”.<br />
Da cibo da portuali…<br />
Partita all’inizio dell’ottocento da Amburgo (Germania)<br />
dove era nata, ( ma in Germania sembra ce l’abbiano<br />
portata i Tartari <strong>di</strong> Gengis Kahn provenienti dal<strong>la</strong><br />
Mongolia, che usavano frul<strong>la</strong>re <strong>la</strong> carne sotto le selle<br />
dei cavalli), <strong>la</strong> polpetta schiacciata <strong>di</strong> carne macinata da<br />
mettere dentro i panini, era stato cibo da portuali che,<br />
come si sa, pur essendo a contatto con il mare, il pesce<br />
non lo amano o non se lo possono <strong>per</strong>mettere. Insie-<br />
me a tanti altri emigranti <strong>di</strong> quell’epoca, si trasferì nel<br />
Nord America. E là ha cambiato nome. Tutti iniziarono<br />
a chiamar<strong>la</strong> come gli abitanti del<strong>la</strong> sua città: Hamburger.<br />
La alleggerirono dei suoi ingre<strong>di</strong>enti originali: solo carne<br />
macinata pressata, senza le complicazioni delle polpette,<br />
senza quegli intingoli che a voler mangiare <strong>per</strong><br />
strada complicano solo <strong>la</strong> vita. Così, incomincia il “sogno<br />
americano”. Sogno che all’inizio è fatto <strong>di</strong> casette<br />
colorate, tutte eguali, stile Walt Disney, tali da sembrare<br />
più stazioni <strong>di</strong> benzina che ristoranti. Con tutti quei tavoli<br />
<strong>di</strong> formica – anche questi stretti, piccoli –, con camerieri<br />
e cuochi giovani, tutti vestiti uguali e frettolosi<br />
<strong>per</strong> famiglie <strong>di</strong> tutti i colori. E poi, quel pane sempre più<br />
gommoso e tutte quelle salse.<br />
Ma anche i sogni hanno un capolinea: e il suo è arrivato<br />
quando si accorse che qualcosa non funzionava<br />
più: Non riusciva a vedersi attorniato da tante <strong>per</strong>sone<br />
grasse e <strong>di</strong> essere capitato in un mondo <strong>di</strong> ciccioni, <strong>di</strong><br />
donne a<strong>di</strong>pose e bambini obesi. Decise, allora, <strong>di</strong> rientrare<br />
in Europa, ma ormai nessuno <strong>la</strong> riconosceva più.<br />
Per tutti, era l’Americano, l’hamburger. Finché, un giorno<br />
qualcuno si ricordò delle polpette, quelle italiane.<br />
E che le polpette e i polpettoni sono roba da mamme,<br />
zie e nonne, che avevano ed hanno tempo e voglia <strong>di</strong><br />
aggiungere al<strong>la</strong> carne, uova, prezzemolo, formaggio<br />
(parmigiano reggiano o pecorino) e pane inzuppato nel<br />
<strong>la</strong> Rivista<br />
n. 3 - Marzo 2011<br />
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