Sentenza Juventus sullo scandalo doping - Rdes.It
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nessun altro giocatore della squadra, è stato effettuato nella data 28/8, ma soltanto tutti quanti il<br />
28/7, questo secondo me, a parte la mia asserzione che è di spiegazione del fatto, perché io sono<br />
presente e quindi lo so, quello è un esame prelevato il 28/7, nessuno di noi ha mai fatto l'esame il<br />
28/8, qualche laboratorista ha trovato il nome Di Livio e avrà detto: "Facciamolo perché se è<br />
qui…". Quando arrivano coloro che fanno l'esame materialmente, conoscono la nostra procedura,<br />
sanno che se vedono un esame lo fanno anche indipendentemente dal fatto che ci sia il responsabile,<br />
quindi hanno ritenuto probabilmente di farlo...." (trascrizioni registrazioni udienza del 10 novembre<br />
2003 - pagine 198 e seguenti).<br />
Come si vede, non si tratta di una grande spiegazione, capace di far cadere ogni contraria<br />
supposizione; si tratta di una semplice ipotesi, in parte confortata da elementi logici, soprattutto per<br />
quel che riguarda la data e l'ora in cui risulta effettuata l'analisi, in parte contraddetta tuttavia dal<br />
fatto che i risultati dell'emocromo di Di Livio del 28 luglio 1997 risultano acquisiti agli atti e sono<br />
riportati pure nei tabulati di Agricola e, dunque, è ben strano che una provetta del sangue prelevato<br />
a Di Livio il 28 luglio, dopo che le altre erano state regolarmente utilizzate, sia stata abbandonata a<br />
parte, rimanendo per un mese in laboratorio senza che nessuno se ne accorgesse, tanto da consentire<br />
che si verificasse ciò che l'imputato ha ipotizzato. L'ipotesi dell'imputato, invero, sarebbe risultata<br />
più verosimile e accreditata se il referto di Di Livio del 28 luglio non fosse stato proprio redatto, in<br />
modo che si potesse immaginare che le provette del sangue di tale giocatore fossero completamente<br />
sfuggite agli analisti in quell'occasione, per essere magari occasionalmente rinvenute un mese dopo.<br />
Oltre alla prospettazione di tale ipotesi, il dottor Agricola poi si è sbilanciato, sostenendo che la<br />
dimostrazione della sua fondatezza, sarebbe consistita appunto nel fatto che in data 28 agosto 1997<br />
non era stato effettuato alcun altro esame emocromocitometrico di giocatori della Juve, al di fuori<br />
di quello di Di Livio.<br />
Ebbene, in questa situazione, il perito, che secondo la difesa avrebbe avuto lo scopo di assecondare<br />
il quesito che a suo parere il giudice gli aveva posto, per raggiungere il risultato di dimostrare che<br />
comunque qualcuno della <strong>Juventus</strong> aveva fatto uso di eritropoietina, avendo trovato l'emocromo di<br />
un altro giocatore, quale era Padovano (i cui esami ematici del 27 luglio pure erano stati<br />
regolarmente effettuati e refertati e i cui valori erano stati inseriti nei tabulati di Agricola), che<br />
risultava effettuato proprio nello stesso momento di quello di Di Livio, un minuto prima, che cosa<br />
avrebbe fatto? Non lo avrebbe forse utilizzato per dimostrare che l'ipotesi del dottor Agricola per<br />
giustificare il valore di ematocrito di Di Livio era inconsistente e infondata, tanto che pure<br />
l'elemento sul quale l'imputato stesso aveva fatto leva per offrire in qualche modo la dimostrazione<br />
logica della sua ipotesi era venuto meno, perché risultava che vi era un altro giocatore della<br />
<strong>Juventus</strong> che invece aveva effettuato l'emocromo presso la Fornaca insieme a Di Livio proprio il 28<br />
agosto 1997?<br />
Il perito, invece, liberamente e correttamente, non solo non ha sfruttato tale elemento contro<br />
l'imputato ma, seguendo il filo delle proprie convinzioni scientifiche ha dimostrato che pure<br />
l'emocromo di Padovano era frutto di un errore di laboratorio.<br />
Non si ritiene, per carità, che per questo il professor d'Onofrio meriti un riconoscimento particolare,<br />
avendo egli fatto, in fondo, solo il proprio dovere, peraltro seriamente e scrupolosamente come era<br />
richiesto che facesse, ma almeno sarebbe risultato opportuno evitare ingiustificate e immeritate<br />
critiche al suo comportamento, le quali, oltretutto, non sono state riferite al contenuto delle<br />
specifiche risposte date dal perito, che soprattutto in questo caso come si è visto erano<br />
assolutamente adesive e rafforzative della tesi della difesa, quanto piuttosto dirette a screditare<br />
complessivamente l'operato del professor d'Onofrio, facendolo apparire poco sereno e capace di<br />
subire gravi condizionamenti, oltre che anche un poco sprovveduto, alla stregua di quanto si è<br />
considerato.<br />
Si è passati, praticamente, dall'accusa al perito di avere sbagliato reiteratamente e quasi<br />
consapevolmente il coefficiente di variazione della ferritina all'ipotesi non meno sgradevole di non<br />
aver compreso il terzo quesito formulato dal giudice, il che - francamente - non è un grande passo