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Sentenza Juventus sullo scandalo doping - Rdes.It

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piano il fatto che si trattava, invece, del processo a Riccardo Agricola, e cioè ad un imputato ben<br />

individuato, per stabilire se nel suo comportamento - valutato in concreto alla luce delle abitudini,<br />

della prassi e delle esigenze del mondo sportivo in cui egli quotidianamente opera - vi possano<br />

essere delle responsabilità in relazione ai suoi doveri e compiti di medico sportivo della società<br />

<strong>Juventus</strong>, incarico che egli ha ricoperto con diligenza, passione, professionalità e serietà dal 1994 e<br />

che tuttora ricopre.<br />

Il processo, più volte ha osservato il difensore, sarebbe sorto e si sarebbe sviluppato per una<br />

preconcetta convinzione dei due iniziali consulenti tecnici del pubblico ministero, professori<br />

Adriana Ceci e Gian Martino Benzi, che, a torto o a ragione, dopo aver inutilmente tentato nelle<br />

competenti sedi sportive di combattere il sistema che si era instaurato, hanno in pratica convinto il<br />

Procuratore della Repubblica ad intervenire con lo strumento del processo penale e, così, per<br />

abbattere il sistema, si sarebbe passati sulla pelle dell'imputato.<br />

In questa sede - ovviamente - non si intende affrontare alcuna questione non strettamente<br />

necessaria alla soluzione dei problemi rilevanti nel processo, ma occorre far subito presente che<br />

proprio perché l'operato dell'imputato deve essere valutato alla stregua della realtà in cui egli<br />

normalmente vive, si muove ed opera, necessariamente tale comportamento dovrà essere inquadrato<br />

nel mondo del calcio professionistico del quale il dott. Agricola fa parte forse più di quanto egli<br />

stesso immagini, visto che in più occasioni l'imputato è sembrato quasi considerarsi estraneo a tale<br />

complessiva realtà.<br />

Il dott. Agricola, in quanto medico sportivo della società <strong>Juventus</strong>, in altri termini, fa parte del<br />

sistema calcio, opera all'interno di esso, professionalmente vive ed è calato in tale realtà, accetta e<br />

condivide le regole che disciplinano e che consentono al sistema stesso di progredire e di<br />

consolidarsi e, dunque, sia pure solo in piccola parte, anch'egli si identifica col sistema.<br />

Il mondo in cui si vive e si opera, insomma, o si accetta o si rifiuta; ma se si accetta, come<br />

l'imputato sembra aver fatto col mondo del calcio professionistico, non ce ne si può dissociare nel<br />

momento in cui si è chiamati a rispondere dei comportamenti tenuti, lamentandosi di essere stato<br />

usato come capro espiatorio.<br />

L'imputato, evidentemente per far fronte alle esigenze della società in cui lavora e lavorava e per<br />

corrispondere alle aspettative che da lui evidentemente ci si attendeva, ha operato in un determinato<br />

modo ed ha posto in atto alcuni comportamenti di cui col processo è stato chiamato a dar conto, in<br />

quanto ritenuti integranti i reati contestati, secondo l'ipotesi d'accusa.<br />

Risulta del tutto legittimo e conforme a quanto previsto dal nostro ordinamento giuridico, quindi,<br />

che si vada ad esaminare l'operato del dott. Agricola, soprattutto con riferimento alla specifica<br />

qualità da lui ricoperta, di medico sociale della <strong>Juventus</strong>.<br />

Una seconda doglianza, strettamente collegata e quasi la conseguenza di quella appena menzionata,<br />

è pure rimbalzata in modo chiaro e forte di udienza in udienza, fino alla discussione finale, ed essa è<br />

sembrata ancor più sentita della prima, perché vissuta dall'imputato come una sorta di ingiustizia.<br />

Fino all'ultimo, infatti, la difesa ha tenuto a ribadire che i comportamenti posti in essere dal dott.<br />

Agricola sono enormemente diffusi nel mondo sportivo e, in pratica, tutti i medici delle squadre di<br />

calcio professionistiche si comporterebbero in modo analogo.<br />

Non vi sono elementi sufficienti per poter condividere o meno l'affermazione del difensore, né è<br />

affidato ai compiti di questo giudice dare una risposta a tale quesito. Si vedrà meglio esaminando le<br />

singole questioni di fatto, se mai, se davvero siano individuabili elementi che possano in qualche<br />

modo confortare, con riguardo all'aspetto umano della vicenda, la tesi esposta e con quali<br />

conseguenze pratiche.<br />

Si vuole porre in evidenza a tal riguardo, però, che una volta che - come si è detto - l'imputato sia<br />

correttamente chiamato a dar conto dei propri comportamenti, nel processo conta unicamente<br />

l'accertamento che ne consegue, che riguarda le eventuali responsabilità solo di chi è chiamato a<br />

risponderne e non di altri, per cui sostenere che anche altri si sono comportati nello stesso modo, è<br />

circostanza che, al di là della verifica dell'affermazione e quand'anche rispondente al vero,

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