Sentenza Juventus sullo scandalo doping - Rdes.It
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Il difensore ha ricordato che la <strong>Juventus</strong> è una società per azioni e l'eventuale utilizzazione di<br />
denaro da parte dell'amministratore delegato o per finalità diverse da quelle autorizzate o attraverso<br />
il ricorso a fondi occulti appositamente costituiti integrerebbe la condotta costitutiva di reati pure di<br />
una certa gravità.<br />
Senza neppure contare, in via di stretta ipotesi, che il dottor Agricola possa aver agito con la<br />
copertura del direttore generale della società, che come si è visto è stato indicato da Giraudo come il<br />
diretto superiore di Agricola ed al quale pur deve essere riconosciuta una certa autonomia di<br />
gestione finanziaria, se non altro in occasione di acquisti e vendite dei giocatori con riferimento al<br />
calcio-mercato.<br />
Si è visto, però, che la posizione di Moggi, inizialmente sottoposto ad indagini, è stata<br />
successivamente archiviata nell'agosto del 2000.<br />
In mancanza di elementi diretti che possano almeno portare all'individuazione della forma utilizzata<br />
per i relativi pagamenti per l'acquisto dell'eritropoietina, dunque, non si ritiene che possa essere<br />
affermata con certezza la responsabilità penale dell'imputato Giraudo, per cui, nella descritta<br />
situazione, l'imputato Giraudo merita di essere assolto perché la prova a suo carico non risulta<br />
completa e sufficiente.<br />
Solo per affinità di materia, per così dire, con quanto posto in rilevo nel corso dell'esame del reato<br />
di frode sportiva, si ritiene di dover prendere in considerazione i due delitti descritti ai capi h) ed i)<br />
dell'imputazione, contestati tanto ad Agricola, quanto a Giraudo.<br />
Le modalità e i tempi di somministrazione e la quantità e il tipo dei medicinali somministrati ai<br />
giocatori dal dottor Agricola si sono già ampiamente descritti e non è il caso di ritornare<br />
sull'argomento, se non per ribadire come si sia sempre trattato di somministrazioni off-label,<br />
effettuate per scopi non terapeutici e per conseguire effetti farmacologici diversi da quelli indicati<br />
nell'autorizzazione al commercio delle rispettive specialità medicinali e si è abbondantemente<br />
rilevata la gravità e la pericolosità dei descritti comportamenti.<br />
Occorre, ciò nonostante, qualche precisazione sia in diritto che in fatto, perché la difesa ha<br />
sostenuto l'inapplicabilità del reato previsto dall'articolo 445 del codice penale a casi come quelli<br />
che si esaminano, conformemente del resto anche ad una decisione della suprema Corte intervenuta<br />
proprio con riferimento a casi analoghi (Sez. 5 - sent. 2681 del 24 gennaio 2002 - ud. 22 novembre<br />
2001 - imp. Vasario più altre).<br />
La Corte di cassazione, invero, è sempre stata orientata nel ritenere che la norma in parola descriva<br />
un'ipotesi di aliud pro alio nell'ambito della somministrazione di medicinali.<br />
Si tratta, in altri termini, di un'ipotesi, in parte, più ristretta della frode in commercio, perché<br />
applicabile esclusivamente ai medicinali, ma per altro verso, nello specifico settore dei medicinali,<br />
più ampia della frode in commercio stessa, perché si riferisce alla condotta di chi somministra.<br />
L'interpretazione secondo la quale la fattispecie in parola non sia limitata ai soli farmacisti o<br />
commercianti di medicinali, del resto, appare pacificamente condivisa. Quando il legislatore ha<br />
voluto far riferimento al commerciante o al farmacista lo ha espressamente stabilito, come si evince<br />
da numerose disposizioni alcune delle quali contenute proprio nell'articolo 23 decreto legislativo 29<br />
maggio 1991, n. 178, che si è già richiamato.<br />
Anche il dato testuale, inoltre, contribuisce a rafforzare tale interpretazione, perché il reato può<br />
essere commesso da chiunque eserciti, "anche abusivamente", il commercio di sostanze medicinali.<br />
Se a ciò, poi, si aggiunge il testuale dettato con il quale viene descritta la condotta, che consiste nel<br />
somministrare sostanze medicinali in specie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinazioni<br />
mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita, si ha l'ulteriore conferma che non si tratta di<br />
ipotesi di reato applicabile solo al farmacista ovvero solo a colui che professionalmente eserciti il<br />
commercio di specialità medicinali, perché il complessivo tenore della disposizione induce ad una<br />
correlazione diretta tra soggetto attivo del reato e condotta tipica.