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Sentenza Juventus sullo scandalo doping - Rdes.It

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La legge 376/00 è di ben undici anni successiva alla legge 401/89 ed è entrata in vigore quando<br />

l'attuale processo era già in corso da oltre due anni e, anzi, era già praticamente conclusa la fase<br />

delle indagini preliminari (il decreto di citazione a giudizio è del luglio 2001).<br />

In che modo, dunque, tale legge avrebbe potuto influenzare il processo in corso che, oltretutto,<br />

riguarda fatti commessi dal 1994 fino all'ottobre 1998?<br />

Essa avrebbe potuto costituire elemento determinante per il processo solo se, in virtù dei principi<br />

applicabili nel caso di successione di leggi penali nel tempo, avesse prodotto l'effetto dell'abolitio<br />

criminis di cui al secondo comma dell'art. 2 del codice penale ovvero quello dell'abrogatio legis di<br />

cui al successivo terzo comma, qualora peraltro con tale legge fosse stato introdotto un regime<br />

sanzionatorio complessivamente più favorevole all'imputato.<br />

Il pubblico ministero si è preoccupato di esaminare i criteri che presiedono al fenomeno di<br />

successione di leggi penali nel tempo, ispirandosi a quelli enunciati nella recente sentenza n. 25887<br />

del 2003 della suprema Corte - S.U., per verificare se tra le due leggi prese in considerazione vi<br />

possa essere quella continuità normativa che costituisce indispensabile presupposto perché le leggi<br />

penali possano considerarsi tra loro in rapporto di successione.<br />

Non è questa la sede per osservare come tra gli studiosi di diritto tantissime opinioni siano state<br />

proposte a tal riguardo, prevalentemente ispirate alla dottrina tedesca. Attualmente la tesi più<br />

accreditata in Dottrina sembra essere quella cosiddetta della "continenza", secondo la quale - in<br />

estrema sintesi - il più contiene il meno e, pertanto, in modo in qualche misura analoga a quanto si<br />

sostiene a proposito del principio di specialità, che nel nostro ordinamento penale è disciplinato<br />

dall'art. 15 del codice, si può ravvisare la sussistenza di successione di leggi penali nel tempo se tra<br />

le leggi che si succedono, pur non essendovi perfetta e precisa coincidenza, sia almeno<br />

riscontrabile un rapporto strutturale di genere a specie.<br />

La giurisprudenza della Corte di cassazione non perviene a conclusioni tanto dissimili da quelle<br />

sostenute in Dottrina e nella citata sentenza delle Sezioni unite si passano in rassegna le varie tesi di<br />

volta in volta adottate a tal riguardo e, conformemente a quanto accaduto in Dottrina a proposito<br />

della tesi cosiddetta della continuità del tipo di illecito, pure le Sezioni unite respingono il criterio<br />

della cosiddetta doppia punibilità in concreto, trattandosi di teorie molto simili, che producono<br />

risultati di dubbia e poco affidabile interpretazione, fondandosi prevalentemente su valutazioni di<br />

tipo soggettivo.<br />

Il supremo Collegio ribadisce, perciò, che il criterio da seguire per stabilire se sussiste continuità<br />

normativa tra le leggi è quello della coincidenza strutturale che, come detto, non è tanto diverso -<br />

sul piano concreto - da quello della continenza di dottrinaria estrazione.<br />

La Corte suprema, nel richiamare (anche qui!) ad una maggiore osservanza del testuale dettato<br />

dell'art. 2 del codice penale, in pratica, ci ricorda che il presupposto per l'applicazione delle regole<br />

in questione si intende sussistente quando un fatto rientri nella previsione di due o più leggi penali<br />

applicabili anche in tempi diversi e tra queste non sia ravvisabile rapporto di specialità.<br />

Occorre, in altri termini, la contemporanea sussistenza di un'identità in fatto costituita da comuni<br />

caratteristiche della condotta e di un'identità in diritto, costituita dalla coincidenza dell'interesse<br />

giuridico protetto; in altri termini - come comunemente viene detto - dalla corrispondenza<br />

dell'obiettività giuridica.<br />

Mettendo a confronto le due normative in questa sede prese in considerazione, però, non può<br />

sfuggire come nessuno di tali elementi sia sussistente.<br />

Non si può affermare certamente trattarsi di condotte coincidenti, dal momento che si è in presenza<br />

- come si è visto - di condotte completamente diverse tra loro, perché è un dato incontrovertibile che<br />

il delitto previsto come frode sportiva, pur se con il limite del compimento di atti fraudolenti, è da<br />

ritenersi reato a forma libera, mentre la stessa definizione non risulta adeguata alla fattispecie<br />

contenuta nell'art. 9 legge 376/00, trattandosi in questo caso di reato a forma vincolata, perché la<br />

relativa condotta è descritta in modo analitico e tassativo.<br />

Pure l'ambito di applicazione delle due norme è differente, dal momento che la legge 376 si applica<br />

a tutte le prestazioni agonistiche degli atleti, mentre l'articolo 1 della legge 401/89 è riferibile

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