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Sentenza Juventus sullo scandalo doping - Rdes.It

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distinguersi da quelli indicati in precedenza e oltretutto si assegna ad essi natura fraudolenta, a<br />

differenza di quelli di banale corruzione elencati nella prima parte.<br />

L'aggettivo altro, infatti, contrariamente a quanto un po' apoditticamente sostenuto nella sentenza e<br />

nella memoria difensiva in parola, ha il significato di "diverso", "differente", "difforme" e non<br />

quello di "simile", "analogo" o "conforme" e, perciò, non si vede perché gli altri atti fraudolenti<br />

indicati nella seconda parte della disposizione che si esamina debbano essere necessariamente<br />

identificabili "alla stregua degli atti espressamente individuati nell'offerta di denaro o di altra utilità<br />

o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva, presentando caratteristiche<br />

comuni".<br />

L'espressione altri atti fraudolenti testualmente utilizzata, insomma, non può essere letta ed<br />

interpretata come se corrispondesse ad atti analoghi, perché se davvero l'effettiva volontà fosse stata<br />

questa, allora il legislatore avrebbe dovuto esprimersi in modo diverso.<br />

Uno dei difensori, a conforto della tesi a tal riguardo sostenuta nella sentenza "Omini", ha<br />

richiamato alla mente la disposizione dell'art. 353 del cod. pen. - citato anche dal pubblico<br />

ministero, sia pure in ottica contrapposta - in materia di turbativa d'asta, per ricordare come in tale<br />

precetto compaia l'aggettivo "fraudolento", senza che, ciò nonostante, venga a crearsi una<br />

sostanziale distinzione della condotta ad esso relativa dalle altre condotte descritte nella stessa<br />

norma.<br />

Il paragone, francamente, non pare eccessivamente pertinente, soprattutto se si considera che in<br />

questo caso la fraudolenza è riferita ai mezzi utilizzati e non agli atti, come invece è stabilito nella<br />

disposizione dell'art. 1 legge 401/89, e se si considera che le condotte descritte nell'art. 353 del<br />

codice penale, che riguarda un'ipotesi delittuosa totalmente diversa, sono più ampie e articolate di<br />

quelle della frode sportiva, se non altro perché in quest'ultimo reato non vengono prese in<br />

considerazione ipotesi di violenza e di minaccia che possono caratterizzare invece la turbativa<br />

d'asta.<br />

Ebbene, pur con le evidenziate differenze che connotano i due reati, è necessario comunque<br />

ribadire come nella giurisprudenza della suprema Corte risulti pacifico che l'espressione mezzi<br />

fraudolenti vada interpretata in maniera del tutto svincolata dalle altre condotte descritte nella stessa<br />

disposizione.<br />

Basti ricordare in proposito le decisioni più recenti in materia in cui la Corte così risulta essersi<br />

espressa: "In tema di turbata libertà degli incanti, di cui all'art. 353 cod. pen., la turbativa può anche<br />

verificarsi nella procedura che precede la gara, attraverso determinate irregolarità rispetto<br />

all'ordinario 'iter' procedimentale previsto dalla legge. Ed infatti, determinate anomalie procedurali<br />

possono costituire 'altri mezzi fraudolenti' mediante i quali il reato in questione può essere<br />

commesso in alternativa alle altre condotte tipiche descritte dalla norma (violenza, minaccia, doni,<br />

promesse, collusioni), a condizione, però, che sia possibile dimostrarne la specifica finalizzazione al<br />

turbamento della gara" (Sez. 6° - sent. 25705 del 12 giug. 2003 - ud. 21 mar. 2003 - imp. Salamone<br />

ed altri - rv. 225934) e, ancora successivamente: "Nel reato di turbata libertà degli incanti, la<br />

condotta di turbamento si verifica quando si altera il normale svolgimento della gara attraverso<br />

l'impiego di mezzi tassativamente previsti dalla norma incriminatrice. Tra tali mezzi, la 'collusione'<br />

va intesa come ogni accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte,<br />

mentre il 'mezzo fraudolento' consiste in qualsiasi artificio, inganno o menzogna concretamente<br />

idoneo a conseguire l'evento del reato, che si configura non soltanto in un danno immediato ed<br />

effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale, dato che la fattispecie prevista dall'art. 353<br />

cod. pen. si qualifica come reato di pericolo" (Sez. 6° - sent. 37337 del 30 sett. 2003 - cc. 10 lugl.<br />

2003 - imp. D'Amico - rv. 227320).<br />

Nella sentenza "Omini", invece, come nel parere prodotto dalla difesa per dimostrare che la seconda<br />

parte della disposizione deve essere necessariamente vincolata alla prima, si definisce quest'ultima<br />

come "condotta principale tipica" e la seconda parte della disposizione come "fattispecie alternativa<br />

atipica".

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