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Sommario - Qui - appunti dal presente

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dere. Anche parte di me si sentiva così. Con il trascinarsi<br />

del conflitto ho provato terribili sentimenti<br />

di frustrazione, tirata come mi sentivo di qua e di<br />

là da quello che è accaduto: l’uso cinico da parte di<br />

Hamas della sua popolazione civile, la messa in<br />

questione dell’etica di Israele quando ha bombardato<br />

una scuola. Ho provato sentimenti di tristezza<br />

nell’affrontare una sorta di perdita dell’innocenza,<br />

nel vedere mio figlio, quattro anni, imparare che<br />

esistono persone cattive che tirano missili alle scuole,<br />

e la sua convinzione che, se gli avessi comprato<br />

una spada, sarebbe stato capace di sconfiggere i<br />

cattivi.<br />

Ci sono stato momenti che mi sono sembrati incredibilmente<br />

importanti, momenti in cui ho avuto<br />

un’opportunità per modellare i pensieri di mio<br />

figlio, e volevo con tutta me stessa essere sicura che<br />

capisse. Quando mi ha detto che la maestra aveva<br />

spiegato che ci sono arabi buoni e arabi cattivi, ho<br />

reagito ricordandogli che ci sono persone buone e<br />

persone cattive, e non importa da dove vengono o<br />

se sono in qualche modo diverse da noi. Gli ho detto<br />

che a Gaza ci sono bambini proprio come lui,<br />

bambine, mamme e papà, che sono brave persone<br />

e probabilmente adesso sono molto impaurite.<br />

Poiché questa è probabilmente la mia ultima pagina<br />

di diario per la BBC, la redazione mi ha chiesto se<br />

ero disposta a un’intervista insieme ai miei omologhi<br />

a Gaza. Ci ho pensato, ma ho capito che non<br />

ce l’avrei fatta. Che cosa avrei potuto dire che non<br />

suonasse vacuo e assolutamente ridicolo alla luce<br />

del fatto che il mio paese sta distruggendo il loro?<br />

Dire “mi dispiace” sarebbe così terribilmente inadeguato<br />

in questa situazione, credo. Avrei provato<br />

vergogna, imbarazzo, impotenza. E loro avrebbero<br />

potuto sfogare la loro rabbia su di me, una rabbia<br />

p. 56<br />

ni contro la guerra hanno<br />

richiamato a stento mille<br />

persone. Peace Now ha<br />

ricevuto molti messaggi di<br />

suoi sostenitori che le dicevano<br />

di non scendere in<br />

piazza questa volta. Nelle<br />

ultime due settimane Israele<br />

si è trasformato in un<br />

paradigma di unità e mutuo<br />

sostegno. Le bandiere<br />

sventolano alte. Celebrità<br />

visitano i bambini delle<br />

scuole nelle zone a rischio,<br />

soldati elogiano l’equipaggiamento<br />

e il cameratismo<br />

delle loro unità. Chiedete<br />

alla gente, ovunque, che<br />

cosa pensa del fatto che<br />

l’esercito vieti ai giornalisti<br />

di entrare a Gaza, e<br />

la risposta sarà: lasciate<br />

che l’esercito faccia il suo<br />

lavoro. Gli israeliani sono<br />

profondamente convinti<br />

che il loro esercito si sforzi<br />

più della maggior parte<br />

degli altri per risparmiare<br />

i civili, trattenendosi <strong>dal</strong><br />

far fuoco in molti più casi<br />

di quelli in cui vi ricorre.<br />

In molti del milione e quattrocentomila<br />

israeliani<br />

arabi la guerra ha suscitato<br />

un sentimento ben<br />

diverso, un misto di rabbia<br />

e disperazione. La più<br />

grande manifestazione<br />

contro la guerra svoltasi<br />

finora, di circa seimila persone,<br />

è stata indetta da un<br />

partito politico arabo. Ma<br />

è un’opinione nettamente<br />

di minoranza. I sondaggi<br />

indicano che finora appoggia<br />

la guerra quasi il 90%<br />

dei cittadini, e le interviste

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