Sommario - Qui - appunti dal presente
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mach mazkoof, un modo di preparare il pesce. Nel<br />
pomeriggio siamo andati in un campo da gioco,<br />
mio fratello e mia sorella si sono divertiti tanto, i<br />
giochi erano davvero carini e il luogo era affollato.<br />
È stato fantastico vedere che la gente comincia a<br />
sentirsi sicura, a uscire e a tornare a casa magari<br />
alle dieci di sera: pochi mesi fa la situazione non<br />
era buona, la gente si nascondeva in casa e non usciva<br />
se non per le cose necessarie.<br />
Giovedì 29 gennaio. Siamo andati in un negozio<br />
qui vicino a comprare del succo di frutta e poi abbiamo<br />
festeggiato il mio diciassettesimo compleanno.<br />
Mi sento che è una meraviglia, spero di portare<br />
a termine tante cose quest’anno. Il mio sogno<br />
più grande è di avere una media alta e andare alla<br />
università che mi piace, e anche pubblicare un libro,<br />
e spero che il mio paese torni a essere sicuro e<br />
Dio continui a proteggerci… Ora sono quasi adulta,<br />
anche se ancora non posso votare. […]<br />
Sabato 31 gennaio. Giorno delle elezioni [provinciali].<br />
I nonni sono andati a votare con i vicini di<br />
casa, e la sera abbiamo invitato i vicini a cenare<br />
con noi, siamo stati bene. Ciò che rende grande la<br />
società irachena è che condividiamo i momenti<br />
belli e quelli brutti, le persone istruite non badano<br />
mai alle caste o alle religioni, perché siamo tutti<br />
iracheni. I vicini che sono venuti a trovarci sono<br />
sciiti, curdi, cristiani e armeni, e siamo come una<br />
sola grande famiglia. Il vicino armeno ha detto:<br />
“Sapevate che gli scagnozzi di al-Hakim [leader<br />
del Consiglio supremo della rivoluzione islamica<br />
in Iraq] hanno arrestato 350 tizi perché non partecipassero<br />
alle elezioni né loro né le loro famiglie?<br />
Un mio amico sunnita si nasconde a casa nostra:<br />
abbiamo pensato che sia più sicuro per lui. Quelli<br />
dell’esercito di Badir [sotto il controllo di al-Ha-<br />
p. 64<br />
prima sono stato fermo ad<br />
Arish quattro giorni” dice<br />
Sayed Ahmed Sorour, seduto<br />
nella cabina di un<br />
camion che trasporta vestiti<br />
e coperte. “Nessuno<br />
ci fa sapere niente. Non<br />
l’Egitto. Non Israele. Nessuno<br />
ci spiega perché siamo<br />
bloccati qui.” Un agente<br />
della sicurezza di stato<br />
egiziana sostiene che il<br />
modo di funzionare del<br />
valico non sembra avere<br />
alcuna spiegazione razionale.<br />
Lui e gli altri agenti,<br />
dice, non fanno che aspettare<br />
che gli israeliani dicano<br />
quanti camion devono<br />
lasciar entrare, e si<br />
comportano di conseguenza.<br />
Alle cinque di pomeriggio,<br />
quando è ormai<br />
chiaro che, ancora una<br />
volta, Yasir Hussein non<br />
potrà consegnare le sue<br />
merci, lui e qualche altro<br />
camionista stendono una<br />
coperta, scaldano un po’<br />
d’acqua su un piccolo fornello<br />
a gas e distribuiscono<br />
bicchierini di tè. Hussein<br />
racconta che trasporta<br />
un carico di generi alimentari<br />
dono degli Svizzeri<br />
ed è bloccato qui da sei<br />
giorni. “Siamo fermi e<br />
nessuno dice niente. Stiamo<br />
solo cercando di dare un<br />
aiuto.”(New York Times,<br />
27 gennaio)