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25 APRILE<br />
Teresa prende tra le mani un’altra immagine<br />
e il nastro del tempo sembra<br />
riavvolgersi in un attimo: «Ognuno si<br />
rendeva utile come poteva, io diventai<br />
staffetta senza pensarci un attimo.<br />
Con la mia bicicletta azzurra facevo<br />
da tramite con le formazioni partigiane<br />
nascoste in montagna, costituite<br />
anche da ragazzi che non volevano<br />
arruolarsi nella Repubblica di Salò e<br />
vivevano con documenti falsi, inseguiti<br />
dal regime e in estremo pericolo.<br />
Li accompagnavo in montagna, anticipandoli<br />
nel percorso per evitare<br />
loro posti di blocco o persone sospette<br />
che avrebbero potuto fare la spia.<br />
Andavo da Bibbiano a Canossa, nella<br />
provincia di Reggio Emilia: oltre 20<br />
chilometri al giorno, andata e ritorno».<br />
Furono mesi sui pedali lungo la Pianura<br />
Padana per Teresa la staffetta,<br />
nome di battaglia Annuska. «Portavamo<br />
anche informazioni a voce, ordini<br />
operativi e notizie sugli spostamenti<br />
dei distaccamenti partigiani. Su pezzettini<br />
di carta, invece, scrivevamo<br />
l’elenco delle spese, le richieste di rifornimenti<br />
o i rapporti sull’esito di un<br />
agguato. Li ripiegavo e li nascondevo<br />
nelle trecce. A volte trasportavo anche<br />
un giornaletto che le formazioni<br />
garibaldine riuscivano a stampare,<br />
nascosto in una sporta insieme alle<br />
patate».<br />
Teresa Vergalli con le trecce (fine ‘44)<br />
La partigiana Piera Bertolini amica di Teresa Vergalli (1945)<br />
Le donne ebbero un ruolo importante<br />
nella Resistenza: collaboravano con i<br />
combattenti e raccoglievano medicinali,<br />
vestiti e cibo per i partigiani. Altre<br />
si occupavano di nascondere i ricercati.<br />
«Tra il ‘43 e il ‘44 avevamo organizzato<br />
una fittissima rete di donne»,<br />
spiega Teresa, «che arruolavamo tra<br />
le nostre amicizie, pur con la paura<br />
che qualcuna parlasse e ci facesse<br />
scoprire. Poi c’erano anche le gappiste<br />
armate, che partecipavano agli attentati<br />
e catturavano prigionieri, proprio<br />
come gli uomini.<br />
Se ci siamo salvati è proprio grazie<br />
alla solidarietà di coloro che non hanno<br />
fatto la spia. Abitavamo fuori città<br />
perché mio padre era stato segnalato:<br />
finì in carcere e, per un periodo, fu<br />
condannato a morte.<br />
La nostra casa era un rifugio per i partigiani<br />
che avevano bisogno di protezione<br />
o di un pasto caldo. Mia mamma<br />
preparava lo gnocco fritto a chiunque<br />
arrivasse, c’era sempre il fuoco acceso.<br />
Mio fratello Orio aveva 12 anni<br />
e anche lui si dava da fare, si chiama<br />
così perché mio padre leggeva spesso<br />
La Stampa e apprezzava il giornalista<br />
Orio Vergani. Eravamo poveri, ma<br />
non analfabeti».<br />
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