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Un assaggio di lettura<br />
– Lei pensa che non sia stato un incidente?<br />
– domando con occhi vuoti.<br />
– Non lo so, signora. Era solo un dubbio<br />
che ci pareva sensato sottoporle,<br />
– dice con una voce più calda.<br />
– In ogni caso, credo che le farà bene<br />
parlare con uno psicologo. Qui in<br />
ospedale la può assistere il dottor Albescu.<br />
– Non penso di averne voglia.<br />
Lui rimane sorpreso e prima di parlare<br />
allarga le mani: – L’importante è non<br />
aspettarsi comprensione dai chirurghi.<br />
Noi siamo solo dei macellai in camice<br />
bianco.<br />
[...]<br />
Ero stufa di fare gli straordinari e di<br />
andare a pulire la casa di quella del<br />
piano sopra, così affettai la carne,<br />
aggiunsi i crauti e in un piatto preparai<br />
dei piccoli panini che poi avvolsi<br />
nella carta stagnola. Misi tutto dentro<br />
una busta di stoffa e andai al parco.<br />
Mi suonava in testa quella parola che<br />
aveva detto Clarissa: emancipata.<br />
A pensarci bene non l’avevo mai usata.<br />
In passato mi era capitato di dire<br />
libera, indipendente, ma emancipata<br />
mai. Cercai il significato preciso su internet<br />
e arrivai alla conclusione che io<br />
non dovevo emanciparmi né dai miei<br />
genitori, né da mio marito e nemmeno<br />
dal posto dove ero nata. Io dovevo<br />
emanciparmi soltanto da me stessa,<br />
e siccome durante il giorno sgobbavo,<br />
avevo il diritto di uscire di casa e<br />
di svagarmi senza sentirmi in colpa<br />
per voi, perché era soltanto per voi<br />
che facevo quella vita. Clarissa aveva<br />
ragione: potevo curarmi e vestirmi un<br />
po’ meglio senza paura di divertirmi<br />
per qualche ora. Il corpo di Giovanni,<br />
che dovevo maneggiare di continuo,<br />
mi faceva pensare a quando ero io a<br />
scegliere chi toccare e da chi essere<br />
toccata. Invece lui voleva che gli pulissi<br />
il naso come fosse una cosa dovuta,<br />
e se gli rispondevo di farselo da<br />
solo brontolava in dialetto: «Eh, ma io<br />
sono il tuo cliente!».<br />
Vagabondai per il parco, guardavo<br />
la luce del sole tra gli alberi e sopra<br />
il cielo di cristallo. Sembrava che la<br />
primavera fosse arrivata a liberarmi e<br />
di nuovo mi veniva in mente Rădeni,<br />
coi bucaneve e i fiori selvatici che ad<br />
aprile sbocciano ai margini del bosco,<br />
sotto gli alberi pieni di gemme.<br />
Certe volte, durante quelle passeggiate,<br />
ti mandavo delle foto e tu rispondevi<br />
che volevi essere con me.<br />
Allora mi sedevo sulla panchina e<br />
ti scrivevo lunghi messaggi pieni di<br />
promesse che però poi cancellavo<br />
all’istante: non aveva senso portarti<br />
in Italia, almeno finché non potevo<br />
permettermi un appartamento in affitto.<br />
Dopo aver messo a letto Giovanni<br />
perdevo ore a guardare gli annunci,<br />
ma solo facendo due conti c’era da<br />
toglierselo dalla testa. Avremmo dovuto<br />
andarcene in provincia, tirar fuori<br />
i soldi per i mezzi, tenere d’occhio le<br />
spese condominiali, fare attenzione a<br />
cosa comprare al supermercato. Non<br />
sarei riuscita a mettere via più niente e<br />
non ti avrei potuto portare nemmeno<br />
a mangiare una pizza.<br />
[...]<br />
Al mattino sembrava che dovesse<br />
piovere e io, all’idea che il pranzo<br />
all’aperto si sarebbe trasformato in<br />
un imbarazzante buffet in piedi pigiati<br />
nella nostra sala, stavo per avere una<br />
crisi di nervi. Avevo dormito dalla nonna<br />
con Natalia e Tania, che si era da<br />
poco laureata in Medicina col massimo<br />
dei voti. Siamo rimaste tutta la<br />
notte sedute sul letto a parlare, ogni<br />
tanto uscivamo fuori dalla porta per<br />
fumare una sigaretta. In quell’oretta<br />
che mi sono appisolata ho fatto un<br />
sogno: sono bambina e gioco a inseguire<br />
mio padre. Lo rincorro talmente<br />
veloce che a un certo punto il fiocco<br />
nei capelli che mi ha fatto mamma si<br />
scioglie e vola via. Io continuo a correre<br />
a perdifiato, e quando finalmente<br />
mi accorgo di averlo perso mi dispero<br />
rifiutando i suoi abbracci. «Bumba,<br />
non è colpa mia», mi ripete ossessivamente<br />
lui.<br />
Alle cinque siamo andate in cucina a<br />
prepararci il caffè e abbiamo trovato<br />
nonna Rosa che stava glassando<br />
i dolci col miele. Aveva già il ferro da<br />
stiro caldo per dare un’ultima passata<br />
al vestito.<br />
La cerimonia in chiesa è stata lunga<br />
e quel prete, a dir la verità, non mi è<br />
parso poi così originale. I nostri testimoni<br />
erano due amici, hanno letto<br />
una poesia e il testo di una canzone.<br />
Erano venuti anche i bambini dei vicini<br />
a cantare e Mario, di fianco all’altare,<br />
dirigeva col dito quel piccolo coro.<br />
Il pergolato era irriconoscibile, mamma<br />
aveva pulito anche i mattoni e tirato<br />
a lucido le piastrelle. Aveva foderato<br />
i tavoli con delle tovaglie fiorate che<br />
coprivano le sbucciature del legno,<br />
ghirlande e foglie di vite scendevano<br />
dal soffitto e dondolavano sotto il cielo<br />
coperto che c’era quel giorno. Sono<br />
arrivata a casa piena di riso nei capelli.<br />
Ad accoglierci sulla soglia c’erano le<br />
nostre nonne coi fazzoletti colorati in<br />
testa. Io baciavo chiunque e bevevo i<br />
© alexandrulogel\AdobeStock<br />
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