MEDIALOGANDO Noi dedichiamo sempre tanto impegno alle inchieste, concentrandoci in particolare su quelle legate ai macroproblemi ambientali: le bonifiche, l’inquinamento, l’abusivismo edilizio, il dissesto idrogeologico. Da redattore ne ho fatte molte, con un’attenzione particolare, da tarantino, all’ex Ilva. Ecco, in Italia abbiamo tanti territori da bonificare, siti di interesse nazionale dove esistevano industrie pesanti, e il piano nazionale per sistemare questi siti va avanti, ma a rilento. Poi penso all’amianto. Altra questione delicatissima, che ha provocato ferite e lutti in molte famiglie. E continuerà a mietere vittime, soprattutto per mesotelioma pleurico. Oggi se ne calcolano seimila all’anno, ma il picco arriverà tra il 2025 e il 2030. Il 28 aprile è la giornata dedicata alle vittime dell’amianto. A più riprese La Nuova Ecologia ha denunciato i rischi e chiesto una bonifica di tutti quei manufatti che contengono ancora amianto in Italia. Poi citavi l’abusivismo. Sì, è un altro dei nostri temi forti. Perché è una piaga senza fine e non circoscritta solamente al Sud. Si fatica a fare prevenzione e persino a far rispettare la sentenza di un giudice che ordina un abbattimento. Non si capisce che la questione è strettamente connessa al dissesto idrogeologico, altro problema tipicamente italiano. Perché? Perché abbiamo reso ancora più fragile, costruendo abusivamente e in aree dove non si doveva costruire, un territorio dall’equilibrio già delicato per le sue particolari caratteristiche geomorfologiche. Il problema del dissesto idrogeologico merita, come per le bonifiche, un impegno costante in risorse finanziarie e umane. Sebbene negli ultimi anni qualcosa si sia mosso e alcune risorse siano state stanziate, sono ancora troppi i cittadini italiani che vivono in aree a rischio. E qui l’informazione può e deve fare di più. Come? Ti faccio un esempio. Nel novembre 2018 la cronaca ha raccontato il caso di un’intera famiglia, a Palermo, travolta dalla piena di un torrente mentre era a casa a festeggiare un compleanno. Siamo rimasti tutti, per più giorni, sconvolti per l’immane tragedia. Ma non si è trattato di una fatalità: il cancello di quella casetta si trovava sul letto di un torrente, che può essere in secca anche per 350 giorni all’anno ma prima o poi si riempie d’acqua. Ecco, il giornalismo deve essere più costante nel denunciare gli scempi che portano i cittadini a vivere queste situazioni di pericolo. In sostanza, dici che troppo spesso è l’attualità a dare l’input a un approfondimento, del tutto estemporaneo, che dovrebbe invece essere più costante e incalzante, se davvero il giornalismo vuole essere il cane da guardia del potere, in tutte le sue declinazioni. Oggi il giornalismo, e non solo, si riempie la bocca di un termine di gran voga: la resilienza. Solo una moda? Aiutaci a capire. La resilienza è la capacità di sapersi adattare in maniera positiva a un evento, anche drammatico. Vale anche per le infrastrutture che, ad esempio, per rispondere bene ai terremoti devono essere capaci di assorbire il colpo, facendo degradare la sollecitazione meccanica nell’arco di spazio e tempo. Però sì, il concetto di resilienza è un po’ abusato. A dover essere veramente resiliente è il territorio. Perché? Perché viene sempre di più sollecitato da eventi meteorologici estremi, che cambiano anche repentinamente. Si può passare nel giro di poco tempo dalla siccità all’eccesso di piogge. E più un territorio è cementificato, meno è “naturale” e meno resiste e si adatta a questi eventi. Quindi? Dobbiamo riappropriarci della sapienza che per secoli ha permesso all’uomo di gestire l’equilibrio tra la pietra, la terra, l’acqua, facendo nascere e preservando splendidi borghi in contesti naturali complessi, tra Alpi, Appennini e colline. Complice forse un’eccessiva fiducia negli strumenti del progresso tecnologico, questo equilibrio è diventato precario e l’uomo ha pensato addirittura di poterlo spezzare. Ma in realtà non ce lo possiamo permettere. Oggi ancor meno che 40 anni fa. E poi c’è il capitolo a noi caro della mobilità e la ventennale liaison tra FS Italiane e Legambiente con il Treno Verde. Il treno deve essere al centro della riorganizzazione degli spostamenti, soprattutto delle persone che per lavoro e studio si muovono ogni giorno verso le grandi aree urbane: i pendolari. La mobilità è strettamente legata alla qualità della vita e alla salute dei cittadini, ecco perché dobbiamo ridisegnare le città dando spazio a quella sostenibile. lanuovaecologia.it lanuovaecologia 6
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