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l'editoriale la riflessione la discussione temi e problemi Pedagogia ...

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ica sul<strong>la</strong> pedagogia che, eccezion fatta per <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> di Francoforte e il<br />

neofreudismo, era considerata, per usare un’efficace espressione di Bertin,<br />

“rancidume di cattedra, verbalismo e bizantinismo, e comunque espressione<br />

di una cultura borghese e reazionaria” (Bertin, 1976: p. 86).<br />

La mia generazione, quel<strong>la</strong> che lo scrittore canadese Doug<strong>la</strong>s<br />

Coup<strong>la</strong>nd ha definito con un espressione di successo <strong>la</strong> “Generazione<br />

X”, quel<strong>la</strong> dei “trentenni o giù di lì” è quel<strong>la</strong> di chi nel ‘68 frequentava <strong>la</strong><br />

scuo<strong>la</strong> d’infanzia ed è cresciuta, aderendo a una cultura di sinistra, con il<br />

senso di colpa di essere arrivati tardi, quando tutto era già stato fatto e<br />

già stato detto.<br />

Di passaggio vorrei osservare che è vero che per <strong>la</strong> mia generazione<br />

non c’è una nuova cultura o una controcultura alternativa su cui fondare<br />

o anche semplicemente sfogare <strong>la</strong> critica di quel<strong>la</strong> passata. Non c’è<br />

nemmeno un’utopia su cui edificare progetti di cambiamento sociale,<br />

culturale che possano ricomprendere anche i percorsi individuali. Ma,<br />

ahimè, non c’è nemmeno il vuoto. Purtroppo, dobbiamo fare i conti con<br />

i rottami di quel<strong>la</strong> utopia e con i cascami irrigiditi nel<strong>la</strong> quotidianità di<br />

quel<strong>la</strong> controcultura, espressa dal<strong>la</strong> generazione dei giovani negli anni<br />

Settanta. E con il senso di colpa che da lì promana.<br />

Oggi, il clima politico e il sottobosco ideologico di quegli anni è profondamente<br />

mutato, ma il sospetto delle nuove generazioni, ma non solo,<br />

verso lo sguardo filosofico sui <strong>temi</strong> dell’educazione sembra permanere<br />

e anzi rafforzarsi. Solo che oggi non appare più come un sospetto di<br />

natura socio-politica. La diffidenza e <strong>la</strong> sfiducia verso <strong>la</strong> <strong>riflessione</strong> teorica<br />

sul<strong>la</strong> pedagogia si inserisce nel solco di quel<strong>la</strong> tendenza ben consolidata<br />

nel<strong>la</strong> società che privilegia i saperi procedurali, i contenuti di tipo<br />

tecnico-scientifico, le competenze efficientiste.<br />

Tramontata <strong>la</strong> fase del<strong>la</strong> contestazione, psicologi, sociologi, psichiatri,<br />

ancora loro, sembrano ancora interpretare meglio dei pedagogisti, le<br />

sfide le nostro tempo.<br />

Eppure, da questo stesso presente emergono anche segnali confortanti.<br />

Il tramonto dell’ideologia come chiave di lettura del<strong>la</strong> realtà e del<strong>la</strong><br />

vita educativa, così come <strong>la</strong> crisi del<strong>la</strong> fiducia nel<strong>la</strong> ragione calco<strong>la</strong>nte<br />

(che peraltro di quell’ideologia era figlia) e del modello scientista che su<br />

di esso posava, hanno <strong>la</strong>sciato un terreno adatto a creare le premesse per<br />

edificare una nuova <strong>riflessione</strong> teorica sul<strong>la</strong> pedagogia.<br />

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