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l'editoriale la riflessione la discussione temi e problemi Pedagogia ...

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Una pedagogia come scienza debole, che ricomprenda le istanze del<strong>la</strong><br />

soggettività. Ma anche rigorosa, che non si chiuda nel<strong>la</strong> singo<strong>la</strong>rità e accetti<br />

<strong>la</strong> sfida di accogliere <strong>la</strong> dimensione intersoggettiva, che si muove in<br />

quel<strong>la</strong> oggettività a posteriori entro <strong>la</strong> quale si può giungere a pensare una<br />

pedagogia come sapere rigoroso e scientifico.<br />

Questa scienza, il cui paradigma è tutto da definire, ma che ritengo<br />

possa trovare nel solco del<strong>la</strong> tradizione fenomenologica (Bertolini, 2001)<br />

un orizzonte culturale coerente e strumenti adeguati per poter<strong>la</strong> pensare,<br />

forse non consentirà comunque al<strong>la</strong> nostra comunità scientifica di<br />

emettere giudizi professionali unanimi in virtù del<strong>la</strong> condivisione di un<br />

linguaggio e del<strong>la</strong> medesima letteratura tecnica da cui sa trarre le medesime<br />

lezioni.<br />

Se il nostro paradigma va pensato soprattutto in rapporto al<strong>la</strong> comunità<br />

che lo esprime, questo ci pone dinnanzi inevitabilmente al<strong>la</strong> consapevolezza<br />

del fatto che <strong>la</strong> pedagogia è attraversata da visioni, impianti<br />

concettuali, tradizioni culturali, troppo differenziati per raggiungere un<br />

accordo pieno e definitivo sul piano teoretico. E questa pluralità, lungi<br />

da rappresentare un limite, rende il sapere pedagogico indubitabilmente<br />

attuale.<br />

È invece sul piano comunitario, all’interno del quale fiorisce <strong>la</strong> <strong>discussione</strong><br />

e il confronto sulle idee, che diviene possibile per una comunità<br />

scientifica, storicamente data in un qui e ora, trovare piani coerenti<br />

di risposta alle nuove epocali sfide che impongono un ripensamento di<br />

tutti i saperi e dei modi per organizzarli ed apprenderli. Qui è anche<br />

necessario negoziare volta a volta i confini del rigore (o dei tipi di rigore<br />

possibili e collegialmente accolti), per determinare il crinale<br />

teoreticamente molto discutibile, ma comunitariamente e politicamente<br />

auspicabile, fra ciò che è pedagogico e ciò che non lo è.<br />

Certamente ciò rischia di trasformare <strong>la</strong> comunità pedagogica in una<br />

casta di sacerdoti votati al<strong>la</strong> conservazione di una tradizione ancor più<br />

che di un sapere. Ma è anche vero che l’innovazione scientifica che legittimamente<br />

ci si aspetta dai giovani necessita di un piano riconosciuto da<br />

sfidare, senza il quale il nuovo si perde fra i mille vaneggiamenti e <strong>la</strong><br />

chiacchiera non fondata.<br />

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