NELLO SPECCHIO DEL PASSATO - biblioteca galilei trieste
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L'esilio della mente alfabetizzata<br />
Mi ricordo ancora un'esperienza traumatica vissuta a Chicago nel<br />
1964.<br />
Eravamo seduti intorno a un tavolo per un seminario. A un punto<br />
critico di quella che per me era una conversazione, un giovane<br />
antropologo che mi sedeva di fronte mi disse: «Illich, you can't turn me<br />
on» (lei non riesce a coinvolgermi, lei non comunica con me) (1).<br />
Per la prima volta in vita mia mi accorsi che qualcuno si rivolgeva<br />
a me non come a una persona, ma come a un ricetrasmettitore. Dopo un<br />
momento di sconcerto, provai una profonda indignazione. Una persona<br />
viva, con la quale credevo di dialogare, aveva vissuto il nostro dialogo<br />
come una mera forma di 'comunicazione'. Immediatamente mi venne in<br />
mente la descrizione freudiana dei tre casi di grave violenza subìti dalla<br />
cultura occidentale: le "Kr„nkungen" legate all'integrazione nel pensiero<br />
quotidiano del sistema eliocentrico, della teoria dell'evoluzione e del<br />
postulato dell'inconscio. Fu in quel momento, venticinque anni fa, che<br />
cominciai a riflettere sulla profondità della frattura epistemologica che<br />
propongo di esaminare. Io sospetto che sia ancora più profonda di quelle<br />
indicate da Freud; certamente è più direttamente legata al tema<br />
dell'educazione.<br />
Solo dopo vari anni di ricerca sulla storia dello spazio concettuale<br />
emerso nella Grecia arcaica sono riuscito a rendermi conto di quanto<br />
lontano della mente alfabetizzata venga esiliato colui che accetta il<br />
computer come metafora. E ho cominciato a riflettere sull'emergere di<br />
un nuovo spazio mentale i cui assiomi generativi non sono più basati<br />
sulla codificazione dei suoni del discorso mediante la notazione<br />
alfabetica, ma sulla possibilità di immagazzinare e manipolare<br />
'informazione' sotto forma di "bytes".<br />
Non propongo di esaminare gli effetti che il computer come<br />
mezzo tecnico ha sulla registrazione di dati e l'accesso a essi, n‚ di<br />
studiarne l'uso per l'insegnare l'abbiccì, e nemmeno l'influenza che ha<br />
sullo stile e la composizione moderni. Il mio è piuttosto un invito a<br />
riflettere su una rete di termini e di idee, che legano un insieme di<br />
concetti che hanno in comune la metafora del computer, e che non<br />
sembrano integrarsi nello spazio dell'alfabetizzazione in cui la<br />
pedagogia si è inizialmente formata.