NELLO SPECCHIO DEL PASSATO - biblioteca galilei trieste
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La fine della cultura del libro<br />
George Steiner ha dato un nome all'immagine di sé che risulta<br />
dall'essere nati nel mondo del testo: egli si serve dell'espressione<br />
"bookish people" per indicare quelle persone la cui identità è<br />
intimamente legata all'universo del libro. Secondo Steiner, la<br />
"bookishness" (la cultura del libro) è una singolarità storica, un clima<br />
mentale prodotto da una irripetibile convergenza di tecnica, ideologia e<br />
tessuto sociale. Dipende dalla possibilità di possedere libri, leggerli in<br />
silenzio e discuterli a piacimento in casse di risonanza quali le<br />
università, i caffè o i periodici. Questo tipo di rapporto con il testo è<br />
l'ideale delle scuole. Paradossalmente, tuttavia, più l'obbligo scolastico<br />
si è esteso alla maggioranza delle persone, più si è ridotta la percentuale<br />
di "bookish people" nel senso di Steiner. Per coloro che sono nati nella<br />
seconda metà del ventesimo secolo, la scuola è in genere una<br />
preparazione al testo che appare sullo schermo.<br />
Secondo Steiner, la "bookishness" nasce con l'invenzione della<br />
stampa.<br />
Benché trovi mirabile la sua fenomenologia della cultura del libro,<br />
io sostengo che il particolare carattere 'libresco' della percezione<br />
occidentale è più antico della stampa. A mio avviso, la "bookishness"<br />
nacque quando il testo visibile subì una mutazione, quando cominciò a<br />
fluttuare al di sopra della pagina e, trecento anni prima della stampa, la<br />
sua ombra cominciò ad apparire qua e là, in questo o quel libro, su una<br />
pergamena o 'nell'anima' del lettore. Ciò accadde all'epoca della morte<br />
di Ugo, due generazioni prima della fondazione delle università. Il testo<br />
stesso divenne un pellegrino, che poteva fermarsi a riposare in vari<br />
luoghi. Divenne una nave carica di mercanzie, che poteva gettare<br />
l'ancora in ogni porto. Ma non poteva essere letto, i suoi tesori non<br />
potevano venire scaricati, a meno che la nave attraccasse a un molo. Mi<br />
stupisco, ma non mi vergogno, notando quanto profondamente sono<br />
segnato da questa concezione libresca del testo.<br />
Certamente non sono il solo. Me lo conferma un'esperienza quasi<br />
banale. Vivendo, come vivo, ai margini delle istituzioni, una cosa di cui<br />
ho imparato a fare a meno da tempo è uno stenografo. Quando avevo fra<br />
i venti e i quarant'anni, era ancora normale chiamare una persona e<br />
dettare un testo. Era un costume radicato nella tradizione della scrittura,