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co per rivendicare i propri privilegi di classe, con tanto di derive<br />

mistiche e spirituali, illusioni stupefacenti e tentativi di rifugiarsi<br />

in un modo arcaico, definitivamente perduto – dalle periferie<br />

delle metropoli arrivavano nuovi giovani proletari, impazienti<br />

e voraci. Ma per loro la festa era finita ancora prima di<br />

iniziare.<br />

Delusi e traditi da una quotidianità desolata e opprimente, i<br />

nuovi militanti si ritrovarono così in un’Italia in piena crisi<br />

energetica ed economica, disgregata politicamente e stretta fra<br />

mille settarismi.<br />

La loro furiosa reazione si concretizzerà prima nella breve<br />

ma luminosa esperienza, soprattutto milanese, dei Circoli del<br />

Proletariato Giovanile, e poi nel movimento del ’77, nel quale i<br />

sessantottini rivestono ormai un ruolo marginale se non di netta<br />

opposizione, come nel caso di Mls, Avanguardia Operaia e<br />

altre formazioni leniniste.<br />

La composizione sociale dei circoli, che comprende una<br />

maggioranza di giovani operai e impiegati di basso livello e una<br />

minoranza di studenti e disoccupati, è molto diversa da quella<br />

delle formazioni militanti sessantottine. Questi giovani sono<br />

critici e irriverenti rispetto ai miti e alle strategie politiche della<br />

tradizione marxista-leninista. Il loro è uno sguardo eretico e<br />

non a caso negli ambienti del leninismo ortodosso vengono<br />

considerati come estranei al pensiero storico comunista, dal<br />

momento che la loro analisi politica si concentra su un soggetto<br />

sociale inedito: il lavoratore precario emarginato, o addirittura<br />

il disoccupato deviante. Nella loro pratica militante tendono a<br />

privilegiare gli obiettivi reali e immediati: le discussioni più frequenti<br />

riguardano il tempo libero, la rielaborazione teorica del<br />

tessuto sociale, i rapporti gerarchici nel mondo del lavoro, la<br />

lotta all’eroina, l’occupazione di spazi per l’autogestione.<br />

Il ruolo dei bisogni diventa un tema centrale della rivendicazione<br />

politica, che inaugura le pratiche dell’esproprio proletario<br />

e dell’autoriduzione, anticamera dell’illegalità diffusa che<br />

sarà la prassi privilegiata nel movimento del ’77.<br />

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