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Schifano da giovane, o in una scritta murale che invita ad<br />

accettare i vostri errori di gioventù. A quel punto, con loro<br />

tirerete molto tardi e bene.<br />

Ora, questa “gente civile sui cinquant’anni” (che adesso ne ha<br />

sessanta) si riconosce ancora una volta nella propria memoria militante.<br />

Nella propria immaginazione, “un po’ non ne manca a<br />

nessuno”. Il libro pubblicato da Diario è dichiaratamente rivolto<br />

a loro, solo a loro. Pur uscendo in edicola, in realtà è un prodotto<br />

per privilegiati, riservato a una casta ben definita. Gli altri lettori<br />

del settimanale sono esclusi da questa operazione nostalgica,<br />

quelli più vecchi e soprattutto quelli più giovani. C’è solo una generazione,<br />

la loro.<br />

È superfluo sottolineare che si tratta, ancora una volta, di ricordi<br />

privati. C’è una colpevole miopia in tutto questo ricordare.<br />

Troppo egoismo, troppo amor proprio.<br />

Era passato davvero poco tempo dalla brutale repressione poliziesca<br />

delle manifestazioni contro il G8 di Genova e ancora meno<br />

dall’attentato alle torri gemelle. Pochi mesi dall’attacco americano<br />

all’Afghanistan. Si profilava la sciagurata invasione dell’Iraq.<br />

Anche se c’è l’euro e dopo secoli di guerre sanguinose non ci<br />

sono più i confini fra gli stati europei, anche se nelle metropoli ormai<br />

da anni si parlano decine di lingue diverse e le scuole sono<br />

popolate di bambini di tutte le razze, anche se i giovani faticano a<br />

trovare lavoro e sicurezze e a immaginare un futuro. Nonostante<br />

tutto questo, il presente ancora non sembra importante. Sembra<br />

non meritare un’analisi sofisticata, uno sguardo approfondito.<br />

Dimostrando un’insistenza che sfiora l’ossessione, i sessantottini<br />

preferiscono continuare a ricordare la loro perduta giovinezza,<br />

senza omettere nulla del proprio passato.<br />

Fingere di andare avanti guardando indietro.<br />

“La meglio gioventù” adesso è una locuzione usata a livello di<br />

giornalismo spiccio per definire i militanti del sessantotto studentesco.<br />

O meglio, usata dai giornalisti sessantottini per parlare di<br />

se stessi. Quando si tratta della loro storia tutto diventa marketing.<br />

È impressionante.<br />

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