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duzione artistica in letteratura come nel cinema e nel teatro,<br />
stroncando in modo repentino il grande fermento culturale cominciato<br />
nel secondo dopoguerra. Non c’è dubbio che per l’Italia<br />
gli anni cinquanta e sessanta furono una stagione artistica<br />
aurorale, durante la quale si concretizzarono energie e motivazioni<br />
che erano state tenute a freno prima dalla dittatura e poi<br />
dalla guerra.<br />
Contro ogni proclama e contro ogni buona intenzione, la rivolta<br />
politica del sessantotto, pur non avendo responsabilità dirette<br />
in questa involuzione, accompagnò la nascita un nuovo<br />
modello di comunicazione e fruizione culturale: leggero, orizzontale,<br />
furbescamente accessibile e in apparenza democratico<br />
ma superficiale e pericolosamente subdolo, pensato e costruito<br />
in modo da potersi adattare alla straordinaria forza della televisione,<br />
megafono privilegiato della nuova società “spettacolare”<br />
di massa, proprio come previsto con lucida chiaroveggenza dai<br />
situazionisti alla fine degli anni cinquanta. Un modello che in<br />
apparenza aumenta l’importanza dell’opinione pubblica ma<br />
che di fatto riduce drasticamente l’influenza della società civile<br />
nella vita politica.<br />
In questo contesto anche la figura dell’intellettuale si deteriorò<br />
irreversibilmente, finendo con l’essere quasi vituperato<br />
in quanto portatore di un ruolo etico e culturale, mentre andava<br />
costituendosi un mito democratico dell’opinione pubblica,<br />
voce univoca degli umori di una massa pressoché inerte veicolata<br />
da messaggi mediatici sempre più semplici, sebbene fuorvianti.<br />
“Il falso indiscutibile ha ultimato la scomparsa dell’opinione<br />
pubblica” scriveva lapidario Guy Debord, e francamente non<br />
riusciamo a dargli torto. Sebbene fosse già avviata da tempo, fu<br />
proprio durante gli anni settanta che questa trasformazione divenne<br />
evidente, solo in parte mimetizzata dalla crescente conflittualità<br />
politica. Alla fine del decennio la società di massa, o<br />
sarebbe meglio dire per la massa, aveva già compiuto la sua definitiva<br />
affermazione. Si era allargata a tal punto da diventare<br />
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