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soffermarsi sull’importanza storica ed esistenziale del sessantotto:<br />
una vera e propria marea montante che investe tutti i settori della<br />
comunicazione, sia quella che vorrebbe essere seria sia quella di<br />
puro intrattenimento popolare. Ogni pretesto è buono per un articolo<br />
o un servizio televisivo, che verta sulla presunta liberazione<br />
sessuale, sulla diffusione delle droghe leggere, sulla trasformazione<br />
dei costumi, la musica rock e gli happening di massa, scontati<br />
tasselli di un quadro generazionale spesso associati in modo strumentale<br />
– ed è l’autentico lato tragico di tutta questa vicenda – ai<br />
tanti, troppi morti della lotta politica.<br />
Nel frattempo però l’Italia è diventata un paese molto diverso<br />
da quello che gli studenti dagli occhi cattivi immaginavano quando<br />
ancora erano capaci di sognare. Gli anni ottanta avevano già<br />
fatto piazza pulita di gran parte dei risultati concreti della stagione<br />
contestataria. Anche nel nostro paese, come nel resto d’Europa,<br />
si stava procedendo a tappe forzate verso un nuovo modello<br />
liberista, diventato egemonico soprattutto a livello culturale.<br />
Nelle metropoli erano nate, e godevano di ottima salute, le nuove<br />
professioni del terziario avanzato, che vedevano protagonisti<br />
molti leader e militanti dei gruppi extraparlamentari: pubblicitari,<br />
giornalisti, comunicatori, intermediari, creativi, impiegati, avvocati,<br />
che lavoravano molto e pretendevano che si lavorasse<br />
moltissimo, nell’ambito di una nuova etica professionale lontana<br />
mille miglia da quella del salariato nelle grandi fabbriche e già<br />
proiettata verso la concezione dell’impegno omnicomprensivo.<br />
Quasi senza resistenze, nelle grandi città si faceva strada un modello<br />
di impiego che si scopre privo di orari, apparentemente<br />
orizzontale, senza gerarchie chiare e soprattutto senza tutela sindacale.<br />
Bisogna lavorare sempre e bisogna saper fare tutto.<br />
Lo slogan sessantottino “lavorare meno, lavorare tutti” si trasfigura<br />
nella vita quotidiana in un “lavorare male, lavorare sempre”,<br />
meglio se sottopagati. Gli anni ottanta aprono la strada al<br />
precariato diffuso, molto prima della legge Biagi e della diffusione<br />
delle agenzie di lavoro interinali. E mentre nell’ambito privato<br />
la borghesia urbana intellettuale officia platealmente e con malce-<br />
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