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tro qualcosa del tempo e della pazienza che ci hanno sottratto,<br />

perché noi trentenni della loro memoria non sappiamo più cosa<br />

farcene.<br />

Quelle facce non le vogliamo più vedere.<br />

Quelle storie non le vogliamo più sentire.<br />

Gli anni successivi alla loro presunta parabola rivoluzionaria<br />

hanno comunque cancellato tutto e non rimane più niente di significativo<br />

da raccontare. Hanno esaurito ogni nostra pazienza,<br />

occupato ogni angolo del nostro già angusto immaginario.<br />

Alcuni mesi fa Michele Serra nella sua nota rubrica faceva intelligentemente<br />

notare quanto fossero inopportune a questo punto<br />

le discussioni sull’invasione dell’Ungheria scatenate da qualche<br />

inossidabile anticomunista, evidentemente non rassegnatosi<br />

alla definitiva scomparsa del suo nemico. Prendendo spunto da<br />

questo specifico esempio, Serra allargava il discorso sottolineando<br />

che gli italiani di una certa età sono fin troppo affezionati alla<br />

rievocazione e al rimpianto.<br />

Il problema suggerito da Serra temo nasconda un equivoco<br />

perché, alla faccia di qualsiasi grande anniversario storico o commemorazione,<br />

da anni in Italia non si discute più in modo serio di<br />

niente. Non certo del sessantotto e tanto meno degli anni settanta.<br />

Niente affatto. Rimane solo una sorta di eterna nostalgia, il<br />

rimpianto per la propria perduta e inimitabile gioventù. Che è<br />

una cosa bellissima e molto umana, ma riguarda tutti gli uomini e<br />

le donne e soprattutto tutte le generazioni, non solo gli ex sessantottini.<br />

I ragazzi della contestazione rimpiangono l’epoca in cui<br />

avevano ancora gli occhi cattivi e volevano conquistare il mondo,<br />

prima di diventare perfetti cittadini benpensanti. Rimpiangono il<br />

perduto coraggio e il brivido della sconsideratezza, foriero di bellissime<br />

avventure ma anche di errori, gesti avventati, colpevole intolleranza.<br />

Con il rimpianto, creano il mito di una contestazione che ha<br />

cambiato l’Italia e modernizzato il paese. Un mito fragile e ingannatore,<br />

basato perlopiù su racconti non verificabili e che anzi la<br />

realtà sociale e culturale sembra smentire. Un mito riguardante<br />

una tradizione non comprovata, a metà strada tra verità storica e<br />

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