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melanconica, non è reducistica ma apre alla vittoria ed è preludio<br />

di un trionfo inaspettato, mentre Italia-Germania 4-3 è la speranza<br />

infranta, è l’occasione perduta, la gioia travolgente fugace ed<br />

effimera che si trasforma in sconfitta senza appello nella finale<br />

contro lo squadrone di Pelé e compagni. Italia-Germania 4-3 è il<br />

sessantotto italiano, una splendida fiammata eversiva diventata<br />

mito di gioventù per volontà dei suoi protagonisti.<br />

Un mito caduco che non ha più ragione di essere.<br />

Lettura illuminante sulla caducità dei miti rivoluzionari è un<br />

testo non particolarmente noto e dal titolo parecchio infelice, Katanga<br />

che sorpresa, uscito nel 1998 per Stampa Alternativa in occasione<br />

del trentennale del sessantotto. Nascosto dagli pseudonimi<br />

M. Kandebum e G. Lecombat, l’autore di questo libello è il già<br />

capo Katanga dell’Università Bocconi di Milano Mario Martucci,<br />

in seguito craxiano entusiasta al punto da dedicare a Craxi nel<br />

giorno della sua morte l’accorata poesia Ballata per Bettino Craxi.<br />

Va detto che a compensare il pessimo titolo abbiamo un sottotitolo<br />

strepitoso: Una nuova chiave di lettura del ’68 milanese.<br />

Specie se si considera che in copertina appare una chiave inglese<br />

dal rassicurante e frivolo colore rosa. Ma al di là dei curiosi giochi<br />

di parole e delle raffinatezze cromatiche, Katanga che sorpresa è<br />

un libro che, pur facendone parte, va in netta controtendenza rispetto<br />

alle consuete rievocazioni nostalgiche.<br />

Il discorso prende spunto dallo sgomento che il protagonista,<br />

suo malgrado soprannominato “Katanga” ancora alla fine degli<br />

anni novanta, prova guardando la televisione durante una normalissima<br />

seconda serata di talk show e amenità varie. Questo repentino<br />

disagio culturale lo spinge a ripensare ai propri anni di<br />

gioventù, quando era un contestatore nella fremente Università<br />

Bocconi di Milano. Il “come eravamo” si stempera ben presto in<br />

un risentito sarcasmo che progressivamente coinvolge quasi tutti<br />

i protagonisti di quella stagione, nel libro ben riconoscibili nonostante<br />

i nomi storpiati.<br />

Certo fa sorridere, e non è nemmeno tanto credibile, immaginare<br />

uno scafatissimo cinquantenne indignarsi guardando la televisione,<br />

per giunta nel 1998, prima che la grande invasione di<br />

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