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invenzione leggendaria. Un mito così sedimentato nella quotidianità<br />

mediatica che non si può nemmeno pensare di metterlo in discussione.<br />

Si manifesta come un effetto di risonanza, un gesto<br />

condizionato, quasi pavloviano nelle sue dinamiche, che scatta a<br />

seconda delle sollecitazioni storiche, politiche o anche solo di<br />

fronte ai grandi fenomeni di costume.<br />

La memoria del sessantotto e il suo immaginario si riflettono<br />

in un credo fideistico, talvolta tracotante e talvolta ingenuo, costituito<br />

da stereotipi di repertorio che vivono solo in virtù della loro<br />

ripetizione. Stereotipi così abusati da diventare idiozia pura, specie<br />

in televisione o sulla maggior parte dei giornali, dove l’informazione<br />

è ormai appiattita sulla comoda abitudine del consumatore<br />

a farsi inebetire dal banale e confusionario scorrere delle notizie.<br />

A questo proposito è davvero significativo che solo pochi mesi<br />

fa un giornalista intelligente, colto e ironico come Gianni Clerici,<br />

commentando un sondaggio di “Repubblica” che premiava John<br />

McEnroe come tennista più amato di sempre, giustificasse questa<br />

scelta come espressione del pensiero degli ex sessantottini lettori<br />

del giornale, che lo avrebbero votato in massa per la sua genialità.<br />

Eccoli di nuovo i sessantottini, gli eterni ragazzacci, inguaribili<br />

sognatori, ancora irrimediabilmente amanti del bello e della sregolatezza.<br />

Per dare maggior forza a questa spudorata stupidaggine<br />

Clerici citava Mario Martucci, il capo dei Katanga, di cui avremo<br />

modo di parlare fra poco. Non è difficile intuire la forzatura<br />

di un simile ragionamento, nefasta conseguenza di quello straordinario<br />

ego generazionale di cui dicevo prima.<br />

Purtroppo di episodi simili se ne possono citare centinaia: fatti<br />

e interventi più o meno importanti che concorrono a creare la mitologia<br />

della data feticcio e la sua difesa d’ufficio. Mi è capitato<br />

più volte di registrare gli sguardi sgomenti di persone che giudicavano<br />

assurda e inopportuna la mia volontà di scrivere questo<br />

pamphlet. Gente in buona fede e magari neanche troppo politicizzata,<br />

che senza argomentare la propria opinione esprimeva<br />

istintivamente il proprio turbamento di fronte al progetto, come<br />

se guardare criticamente al sessantotto fosse un’operazione di<br />

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