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santottini si baloccavano con la chimera liberale di un’informazione<br />

orizzontale e indipendente, dimostrando ancora una volta<br />

di non comprendere gli autentici cambiamenti strutturali in<br />

atto.<br />

Nella seconda metà degli anni settanta, mentre i rivoluzionari<br />

erano impegnati a pensare alle virtù comuniste delle campagne<br />

cinesi, la corsa all’industria privata dell’informazione era<br />

già avviata, magari solo un poco dissimulata dalla retorica dell’autoproduzione<br />

militante, con gli esiti che tutti conosciamo in<br />

fatto di oligopoli internazionali, connivenze politiche e deterioramento<br />

della proposta culturale.<br />

In questo perturbato contesto sociale, la vera illusione fu<br />

però quella della partecipazione. Un mito vitalistico duro a morire,<br />

rivendicato, scritto e cantato in mille forme diverse come<br />

principio identitario della pratica rivoluzionaria. Riproducendo<br />

collettivamente un simulacro di democrazia diretta, le assemblee<br />

studentesche furono il momento topico di questa rappresentazione,<br />

il luogo dove si officiava il rito positivo della<br />

conservazione del potere.<br />

L’aspetto drammatico di questa rappresentazione sta nel fatto<br />

che i ragazzi dagli occhi cattivi, con la loro ingenuità di giovani<br />

allevati nel rassicurante tepore del ceto medio, pensavano<br />

realmente di partecipare, di essere soggetti consapevoli di una<br />

volontà politica, sebbene limitata a un ambito temporaneo e<br />

chiaramente molto circoscritto.<br />

In realtà le decisioni spettavano sempre al leader, al capo di<br />

un gruppo ristretto e inquadrato di militanti compiaciuti nell’osservare<br />

puntigliosamente le regole burocratiche dell’assemblea,<br />

che con le sue mozioni, gli schieramenti occulti e la fondamentale<br />

lista degli interventi riproduceva in chiave farsesca<br />

le istituzioni e le misere doppiezze politiche della tanto stigmatizzata<br />

democrazia borghese. Come se il voto in quanto tale<br />

fosse una garanzia di equità rappresentativa, come se la storia<br />

italiana e internazionale degli ultimi anni non ci avesse chiaramente<br />

dimostrato fino a che punto la democrazia sia manipo-<br />

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