Bombe a grappolo, proiettili all'uranio impoverito ... - ImageShack
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copertinagenerale clusterinchiesta<br />
prove fa riferimento anche al fatto che<br />
«ancora oggi, in alcune zone, oltre le 12<br />
miglia marine (ad esempio al largo di<br />
Fasano in Puglia e Cupra al largo di Cupramarittima<br />
nelle Marche) vengono rilasciate<br />
in mare bombe o serbatoi ausiliari<br />
da aerei militari italiani in emergenza».<br />
Al Capo di Stato Maggiore della<br />
Difesa, Giampalo Di Paola e al capo di<br />
Stato Maggiore della Marina militare,<br />
Paolo La Rosa, left ha chiesto spiegazioni,<br />
ma i due ammiragli, attraverso le rispettive<br />
segreterie hanno preferito non<br />
rispondere. Il 25 maggio 1999, la poco<br />
nota deliberazione 239 del Consiglio regionale<br />
delle Marche prendeva atto che<br />
«in questo ultimo periodo è continuato<br />
lo sganciamento di bombe da parte di<br />
aerei Nato nell’Adriatico, anche a ridosso<br />
della costa marchigiana».<br />
Già allora l’assise regionale considerava<br />
«il grave danno arrecato all’ecosistema<br />
marino» e paventava «il pericolo di<br />
esplosioni a danno dei lavoratori della<br />
pesca». Altre singolarità. Tra i primi al<br />
mondo a dare la notizia della tragedia<br />
del Rita Evelin, il 26 ottobre 2006, è stata<br />
la Pravda online, una nuova agenzia<br />
di stampa russa («Af-<br />
fonda peschereccio nell’Adriatico:<br />
3 dispersi»).<br />
Quello che sorprende è<br />
l’insolito interessamento<br />
manifestato dal ministro<br />
degli Esteri. Massimo<br />
D’Alema ha fatto<br />
pervenire al sindaco<br />
Giovanni Gaspari un telegramma<br />
di solidarietà<br />
alle famiglie dei marinai deceduti, alla<br />
marineria e alla città di San Benedetto.<br />
Che ragione c’era? Istituzionalmente<br />
nessuna. Tant’è che all’affondamento tra<br />
le Marche e l’Abruzzo di un altro peschereccio,<br />
il Vito Padre il 30 maggio (due<br />
vittime), il titolare della Farnesina non si<br />
è scomodato. E così il 17 dicembre 2006,<br />
quando i flutti hanno sommerso il Maria<br />
Cristina di Silvi Marina (Pescara) provocando<br />
la morte di un lavoratore del mare.<br />
La comunità dei pescatori locali ha rispedito<br />
al mittente il telegramma: «Non<br />
sappiamo che farcene di questa solidarietà<br />
a parole. Piuttosto il governo bonifichi<br />
finalmente il mare in cui siamo nati<br />
e lavoriamo».<br />
16uleft<br />
11, 16 marzo 2007<br />
Ottobre 2006:<br />
esplode<br />
al largo delle<br />
Marche il<br />
peschereccio<br />
Rita Evelin.<br />
Tre le vittime<br />
Due fatti sono attualmente certi. Primo:<br />
le salme dei tre lupi di mare potevano essere<br />
recuperate immediatamente, ma le<br />
autorità hanno preferito ripescarle con<br />
tutto comodo e dopo aver ispezionato il<br />
natante, ben 19 giorni più tardi, soltanto<br />
a seguito della dura protesta della marineria<br />
locale col blocco della linea ferroviaria<br />
adriatica, nonché dei familiari<br />
delle vittime. Eppure la magistratura<br />
aveva disposto il recupero dei pescatori<br />
il 31 ottobre. I subacquei siciliani della<br />
società Under Hundred erano pronti a<br />
portare in superficie i corpi dei marittimi,<br />
ma le autorità militari non hanno<br />
gradito occhi indiscreti. Meglio tenere<br />
alla larga i civili. Secondo: la Rita Evelyn<br />
non sarà tirata in secco, precludendo la<br />
possibilità di accertare le cause dell’affondamento.<br />
Allo Stato maggiore della<br />
Difesa avranno pensato, come è già avvenuto,<br />
che è meglio non far sapere nulla<br />
all’opinione pubblica a proposito dei rischi<br />
e dei pericoli che si annidano in questo<br />
mare disseminato di bombe. Infatti,<br />
l’Adriatico, incurante delle ragioni di<br />
Stato e agli accordi segreti dei nostri militari<br />
con il governo degli Stati Uniti d’America,<br />
seguita imperterrito a tirare fuori<br />
<strong>proiettili</strong> all’uranio<br />
<strong>impoverito</strong> abbandonati<br />
dagli aerei Usa A-10, soprattutto<br />
a Sud (erano di<br />
stanza a Gioia del Colle).<br />
Ma non solo: emergono<br />
saltuariamente, senza<br />
però raggiungere la ribalta<br />
della cronaca nazionale,<br />
anche bombe a<br />
<strong>grappolo</strong> (cluster) e al<br />
fosforo di fabbricazione Usa. «Quei cosi<br />
li peschiamo un giorno sì e l’altro pure -<br />
rivela Nicola, che chiede l’anonimato<br />
perché non vuole problemi -. Se avvertiamo<br />
le Capitanerie passiamo un guaio.<br />
Meglio ributtarli in acqua». Gli ordigni<br />
sonnecchiano sul fondo marino. In situazioni<br />
d’emergenza i bombardieri alleati<br />
avrebbero dovuto gettarle per sicurezza<br />
ad almeno 70 miglia dalla costa,<br />
nelle cosiddette jettison areas. Invece un<br />
ordigno con la scritta “U.S. 97” è affiorato<br />
recentemente nella laguna di Marano,<br />
ad appena 6 miglia dalle foci del Tagliamento,<br />
fra Grado e Lignano Sabbiadoro.<br />
«E lì il fondale non supera i 17 me-<br />
tri», assicura Giuseppe che sul suo uu<br />
Basso Adriatico: in questa carta ufficiale della<br />
le zone di rilascio degli ordigni bellici della Nato.<br />
L’ammiraglio Paolo La Rosa