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culturastoria La Chiesa in terra. D’Italia In un Paese dove i vescovi sono stati anzitutto amministratori delle “robbe temporali” è inevitabile che il papato continui a occuparsi delle cose della politica nazionale di Antonio Menniti Ippolito L’ elezione del papa polacco, nel 1978, aveva lasciato immaginare un corso diverso per la Chiesa cattolica. La sua apertura al mondo, caratterizzata dai viaggi frenetici in tutti i continenti, la sua disponibilità ai media, gli impressionanti raduni giovanili, sembrarono poter rinfrescare l’immagine della Chiesa e rinnovarne la vocazione universale. Come si voglia considerare l’esperienza di Wojtyla, tra le folle cattoliche il successo fu indubitabile. La morte di Giovanni Paolo II, così spettacolare, così emozionante, è stata l’ultimo suo dono alla Chiesa. La sua trionfale uscita di scena ha costituito una forte rendita per il successore, che si sta però rivelando, con una certa sorpresa, un pontefice assai più fragile. Il tonfo di Ratisbona, la tragicomica vicenda polacca - ma non sono da meno le incertezze sul look da adottare - l’incredibile scelta di scrivere un libro su Cristo e, infine, questo accanimento nel condizionare la fragile scena italiana. La questione dei Dico di per sé sarebbe inesistente. Il matrimonio non nasce col Cristianesimo (Pietro era anzi già sposato prima di divenire cristiano), ma 86uleft 11, 16 marzo 2007 questo si impossessò dell’istituto giuridico romano rendendolo tardivamente un sacramento. Tali sono i fatti, al di là delle distorsioni. Ma se, lasciando da parte la storia, si passa ad altro tipo di riflessione, ci troviamo ancora di fronte a qualcosa di singolare: pensiamo se si discutesse oggi non dei Dico, ma del matrimonio civile (che invece a questa Chiesa, contraddittoriamente, va benissimo), o del divorzio (contro cui nessuno dice più nulla). I Ruini-Scola-Mastella-Casini-Bondi cosa potrebbero dire? Quali assai maggiori rischi potrebbero denunciare? Saremmo alla dissoluzione dell’umanità? La reazione contro l’ineluttabile evoluzione del diritto, contro la demagificazione delle regole di convivenza è un tic ricorrente della Chiesa, che ha sempre utilizzato toni apocalittici se non anche sguaiati. Il papato “Ruininger” tende ad enfatizzare. Ha trasformato in caso di eutanasia la vicenda Welby, dove il problema era quello dell’accanimento terapeutico, ora fa della questione coppie di fatto la sua nuova trincea, cercando di trasformare la sua legittima perplessità in comandamento, incurante delle reazioni, del rin- La Chiesa militante e trionfante. Particolare culo anticlericale, delle spaccature all’interno della comunità credente, del rischio di scavare un fossato con l’altra Italia, di questa guerra delle scritture che ci riporta indietro di secoli. Perché tutto questo? Avranno in ciò certamente un ruolo i servi sciocchi, gli zelanti, che cavalcano l’onda e possono anche scavalcare gli ispiratori, ma i motivi devono essere ben altri, se il pontefice torna ossessivamente sulla questione, con cadenza quotidiana, in qualsiasi situazione: di fronte a un probabilmente attonito ambasciatore di Colombia o a degli increduli scienziati francesi. Il papato, non la Chiesa, non la comu-
degli affreschi di Andrea Bonaiuto, Santa Maria Novella, Firenze nità dei credenti, ha perso posizioni, dovunque. Lo schiaffo del mancato inserimento della menzione delle origini cristiano-giudaiche nella Costituzione europea è stato pesante, ed era stato preceduto e accompagnato dalle scelte legislative operate in diversi Paesi che hanno abbattuto una serie di tabù, appunto nei campi dove il Vaticano si mostra ora ipersensibile: ricerca genetica, eutanasia, forme diverse di unione. E soprattutto il caso spagnolo, frutto dell’imprevisto successo elettorale di Zapatero, ha costituito uno smacco gravissimo aggravato dal dinamismo, dalla fiducia, dalla capacità di crescita che sta caratteriz- Già nel Seicento i titolari delle diocesi non predicavano e neppure confessavano zando oggi la Spagna, rivitalizzata e non disgregata dal “zapaterismo”. L’Italia, terra prediletta del papato e suo scudo fin da quando il pontefice si trasformò all’inizio dell’età moderna in un sovrano territoriale, è divenuta l’ultima roccaforte. Protetto oggi da condizioni giuridiche straordinariamente favorevoli e sovvenuto da un mare di denaro che lo Stato gli devolve, il papato resta aggrappato all’Italia in attesa degli eventi: sperando di poter re- cuperare in Nord America dopo i gravissimi scandali, puntando su una crisi della planetaria espansione delle sette, in un improbabile stop dei processi di secolarizzazione in parte del mondo occidentale e nella fine dell’espansione dell’Islam. Non è certo la prima volta che il papato si trova in queste condizioni. Nella seconda metà del Seicento, ad esempio, la politica europea gli aveva girato in maniera decisa le spalle. Le coalizioni su base confessionale, cattolici contro prote- © ARCHIVI ALINARI left 11, 16 marzo 2007 u87
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