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anche a porsi il problema delle modalità di tenuta e conservazione dei documenti, che precedentemente<br />

era stato affrontato quasi essenzialmente dall’istituzione comunale. In particolare,<br />

va ricordata la normativa messa in atto da Cosimo I de’ Medici (1537-1574) e dai suoi successori.<br />

Ancora due secoli più tardi, sotto l’amministrazione di Francesco Stefano I di Lorena, è la<br />

Toscana a distinguersi per l’attenzione riservata alla corretta tenuta della documentazione<br />

archivistica, ritenuta elemento fondamentale per una buona amministrazione.<br />

2. L’archivio in età moderna<br />

Anche in età moderna l’archivio è l’archivio pubblico e può essere costituito da chi<br />

gode dello ius archivii. La fede pubblica attribuita ai documenti ha valore entro il territorio dell’autorità<br />

che ha costituito l’archivio. In età moderna assume sempre più valore la consultazione<br />

a fini culturali: ne dà testimonianza un registro di presenze degli studiosi frequentatori dell’archivio<br />

di Siena, risalente al ‘500. Ugualmente in ambito storiografico cresce la consultazione<br />

dei documenti conservati negli archivi. In questa epoca è anche ricorrente il concetto di<br />

conservazione dei documenti a scopo memoriale, anche se prevalente è lo scopo giuridico. I<br />

giuristi insistono sul fatto che la conservazione in un archivio conferisce ai documenti il carattere<br />

di publica fides. Nel ‘600 vengono vergati i primi manualetti sugli archivi, che ancora non<br />

conoscono, ad esempio, la distinzione tra archivio storico e corrente.<br />

Inizialmente, citando la moderna definizione di archivio, si è detto che con tale parola si<br />

intende un complesso di documenti legati da un vincolo. Fino al ‘700 invece prevale l’idea di<br />

raccolta, di somma di singoli documenti, l’uno svincolato dall’altro, quando non di selezione<br />

vera e propria. E’ il caso questo dell’archivio inteso come trésor des chartes, tipico ad esempio<br />

della monarchia francese del XVII sec, ossia di una scelta di documenti fondamentali che<br />

attestano i diritti dello Stato e del sovrano. Tra ‘700 e ‘800 si evolve anche il concetto di<br />

archivio, da luogo fisico di conservazione a materiale di conservazione, cioè i documenti.<br />

Nella seconda metà del XVIII secolo si assiste ad un cambiamento importante nella storia<br />

dell’archivistica, cioè alla separazione tra l’archivio (il luogo dove si conservano le carte) e la<br />

cancelleria (il luogo dove le carte si producono). Nasce così il problema di un ordinamento dei<br />

documenti con criteri diversi da quelli con cui sono prodotti. Per lo più si affermano criteri di<br />

ordinamento artificiosi, rispetto a quello che in seguito si affermerà come l’unico valido. Ossia<br />

quello del rispetto dell’ordine originario. In questo periodo i criteri di ordinamento più diffusi<br />

sono quello per materia e cronologico. Dall’assolutismo illuminato prima e dal regime<br />

napoleonico poi vengono messe in atto una serie di trasformazioni e modifiche dell’assetto<br />

amministrativo di notevole entità. Ciò porta, per ciò che ci riguarda, alla formazione di grandi<br />

archivi di concentrazione, dove appunto confluirono i documenti di più uffici diversi e spesso<br />

ormai mescolati tra loro nel corso degli spostamenti. E’ questo il momento in cui si afferma il<br />

metodo dell’ordinamento per materia, che fra l’altro ben si adatta alla mentalità razionalistica e<br />

classificatoria dell’Illuminismo.<br />

Quando parliamo di ordinamento intendiamo riferirci non alla disposizione che ogni ufficio<br />

o ente aveva dato alle carte in origine, la quale può essere di diverse tipologie e tutte legittime,<br />

ma all’attività di riordino che gli archivisti compiono sulle carte a posteriori. Gli archivisti del<br />

XVIII sec. credettero più pratico disporre tutte le carte secondo la materia trattata, senza aver<br />

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