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luppo delle note storiche, sia riguardo alle vicende dell’ente che alla storia dell’archivio. Una<br />

volta terminata questa operazione e rimontate le schede, avremo realizzato un elenco di consistenza,<br />

che è il primo livello di descrizione archivistica, già sufficiente a garantire la conservazione<br />

ordinata. Nel definire la struttura bisogna cercare le cesure periodizzanti (nuove normazioni,<br />

riforme radicali nel modo di produrre l’archivio, come l’introduzione di titolari) in grado<br />

di generare sezioni, che consentono da un lato di chiudere le serie fino a quel momento e dall’altro<br />

di definire meglio il succedersi delle situazioni, ricordandosi di lasciare aperte le serie<br />

dell’ultima sezione per accogliere la nuova documentazione.<br />

3. Inventariazione: la preparazione dell’inventario ha a che fare con la valorizzazione<br />

dell’archivio e quindi deve contenere notizie introduttive di carattere storico e descrivere il<br />

modo in cui l’archivio è stato prodotto e conservato, cioè, come dice Valenti, il problema è capire<br />

l’archivio; ed è questo il modo migliore per fornire anche notizie strumentali al ricercatore,<br />

tenendo conto che l’eccessiva analiticità spesso risulta inutile, se non dannosa. Importante, sotto<br />

questo punto di vista, è distinguere tra i diversi strumenti di ricerca, nel senso che una volta<br />

redatto un buon inventario, che ha a che fare con la struttura dell’archivio, nulla vieta che su<br />

serie particolari, per esempio il carteggio, siano prodotti altri strumenti sussidiari, come indici<br />

e repertori.<br />

3. A questa fase del percorso, l’intervento straordinario, fondativo dell’archivio, può dirsi<br />

concluso e resta l’ordinaria amministrazione, che comprende il periodico versamento della documentazione<br />

proveniente dall’archivio di deposito (già preparata per l’occasione) e l’apertura dell’archivio<br />

alla consultazione.<br />

Riguardo al primo punto, va ovviamente sottolineata l’opportunità di farlo più frequentemente<br />

possibile, anche tenendo conto della quantità di documentazione prodotta annualmente,<br />

ma in ogni caso almeno una volta ogni decennio, anche per evitare di accumulare troppo<br />

materiale nel deposito, complicando le già delicate operazioni di scarto.<br />

Per quanto riguarda l’apertura dell’archivio agli studiosi, tenendo conto del tipo di<br />

archivi che dobbiamo gestire, tranne casi eccezionali, non sarà un compito eccessivamente gravoso<br />

e sarà sufficiente garantire l’accesso su richiesta, preparando un modulo di accesso che<br />

riporti le generalità del richiedente, il motivo (se per studio, e l’argomento del lavoro) e l’impegno<br />

a consegnarne una copia per l’archivio, perché è molto importante che l’archivio possieda<br />

gli studi condotti sulla base della documentazione conservatavi, per favorire gli studiosi ed<br />

evitare situazioni imbarazzanti, ma anche per verificare il rispetto della legge Ronchey, che<br />

impedisce la pubblicazione di immagini senza il pagamento dei diritti. È importante altresì tenere<br />

un repertorio delle domande, un registro delle presenze e uno dei documenti richiesti. Le<br />

richieste di accesso devono essere inviate alla Sovrintendenza, che ha una lista di persone escluse<br />

dalla consultazione degli archivi (ladri notori) e che, quindi, può negarle.<br />

Qualora l’accesso degli studiosi sia più frequente, sarà opportuno attrezzare una sala di<br />

studio ed emanare un apposito regolamento, nel quale siano descritte le condizioni di accesso e<br />

di fotoriproduzione, le modalità di pagamento dei servizi e dei diritti di immagine.<br />

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