lo di Napoli, e solo infine in quello di Ancona (Fig. 2). 2. Oggetto della ricerca: vicende relative al Comune di Ancona 1803 Tra il XVI e il XIX secolo la S. Congregazione del Buon Governo esercitò la tutela sui Comuni dello Stato pontificio, rivedendone i bilanci preventivi e sindacando qualunque attività dei Comuni che comportasse una spesa (Archivio della S. Congregazione del Buon Governo: Archivio di Stato di Roma). 1810 Capitale del regno d’Italia nel periodo napoleonico è Milano. Vi aveva sede il Ministero italico dell’interno che esercitava la tutela dei Comuni del Regno e Ancona faceva parte del Regno d’Italia: Archivio di Stato di Milano. 1814 Le Marche furono occupate da Gioacchino Murat e entrarono a far parte dell’amministrazione del Regno di Napoli (Archivio del Ministero dei dipartimenti italici meridionali: Archivio di Stato di Napoli). 1815 Con la Restaurazione viene ripristinata l’amministrazione pontificia (Archivio della S. Congregazione del Buon Governo: Archivio di Stato di Roma). 1831 Nel 1830 viene attuata una riforma amministrativa che prevede il decentramento di numerose competenze, tra cui la tutela dei Comuni, che fu trasferita in gran parte alla Delegazione apostolica della rispettiva provincia: Archivio di stato di Ancona. Fig. 2. Esempio di ricerca sulle vicende del Comune di Ancona tra 1803 e 1815 - (da E. Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, Milano, 2000, p. 246). Posto ciò, il ricercatore avrà necessità di sapere che cosa è raccolto esattamente dentro quel determinato archivio. A questo scopo esistono degli strumenti di orientamento, detti anche mezzi di corredo, che possono essere classificati in tre diverse tipologie: 1. Mezzi di corredo coevi ai documenti, 2. Mezzi di corredo predisposti dall’ufficio produttore durante la fase di versamento all’Archivio di Stato, 3. Mezzi di corredo approntati dagli archivisti al termine del lavoro di riordino. 1. Mezzi di corredo coevi ai documenti Sono gli strumenti approntati negli uffici produttori per classificare e reperire i documenti. Questa pratica era già in uso nel Medioevo: molti statuti comunali attestano che nel passaggio da un notaio ad un altro, il primo era tenuto a redigere e consegnare al proprio successore un inventario dettagliato delle carte redatte da lui e dai suoi predecessori. I notati, inoltre, di solito, stilavano una rubrica alfabetica dei nomi di battesimo (non dei cognomi!) delle parti figuranti negli atti. Dagli inizi del XIX sec., in particolare con la riforma amministrativa voluta da Napoleone, in Italia sono entrati in uso il titolario e il registro di protocollo (Fig. 3 e 4), accompagnati da una rubrica alfabetica degli affari trattati (che rinvia al numero di protocollo) e da un repertorio dei fascicoli, che elenca con un numero progressivo tutti i fascicoli di un determinato anno. È chiaro che, perché questi strumenti si dimostrino effettivamente utili ed efficaci per chi ricerca, è necessario che gli impiegati dell’ufficio produttore abbiano svolto scrupolosamente le operazioni di registrazione dei documenti, cosa che, purtroppo, non è sempre avvenuta. 32
Fig. 3. Esempio di titolario: ConfraternitaNazionale delle Misericordie (da A. Czortek l’archivio nelle associazioni di volontariato, Firenze, 1999, p. 23). 33
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Appendice Materiali di secondo live
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