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pag. 295-398 - Siapec

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340COMUNICAZIONI LIBEREai clinici gli elementi prognostici utili nella gestione delle pazienticon carcinoma ovarico. I risultati di questo studio supportanol’ipotesi che la valutazione della MVD con una analisicomputerizzata possa aiutare nella scelta di trattamentipersonalizzati al singolo caso.Bibliografia1Ali S, et al. Int J Gynecol Cancer 1993;3:1-11.2Slamon DJ, et al. Science 1987;235:177-182.P53 e Bax nei carcinomi sierosi ovariciavanzati: esperienza monoistituzionale su 41casiC. Di Cristofano, M. Zavaglia, L. Giusti, G. Bertacca, M.Menicagli, S. Cosio * , A. Gadducci * , G. Bevilacqua, A. CavazzanaDivisione di Anatomia Patologica e di Diagnostica Molecolareed Ultrastrutturale, Università di Pisa ed AziendaOspedaliera Pisana; * Dipartimento di Medicina della Procreazionee dell’Età Evolutiva, Divisione di Ginecologia edOstetricia, Università di Pisa ed Azienda Ospedaliera PisanaIntroduzioneMutazioni del gene p53 e l’instabilità microsatellitare, il cuibersaglio è il gene Bax, sono implicate nella chemioresistenzaai regimi comprendenti composti basati sul platino nel carcinomaovarico, mentre l’apoptosi mediata dai taxani è p53 indipendente.Recenti osservazioni suggeriscono la validità dell’approcciocombinato platino-taxani nei casi p53 mutati. Questepreliminari osservazioni necessitano di ulteriori conferme.ScopoVerificare il significato predittivo e prognostico dello statodel gene p53 e del gene Bax in pazienti con carcinoma ovaricosieroso avanzato.MetodiAbbiamo valutato retrospettivamente 41 casi consecutivi dicarcinoma ovarico di tipo sieroso in stadio FIGO III/IV, sottopostia chirurgia citoriduttiva primaria seguita da regime dichemioterapia comprendente taxolo 175 mg/mq (infusione 3ore) e carboplatino AUC5-6 ogni 3 settimane per 6 cicli.Campioni tumorali pre-trattamento sono stati analizzati siaper la presenza di mutazioni a carico del gene p53 che peranomalie del gene Bax. Gli esoni 4-5-6-7-8-9 del gene p53 ela ripetizione G8 nell’esone 3 del gene Bax sono stati analizzatimediante sequenziamento diretto.RisultatiL’età mediana delle pazienti era 55 anni (range 39-73 anni);la malattia residua macroscopica dopo prima chirurgia era:assente in 12 pazienti, ≤ 2 cm in 14 pazienti e > 2 cm in 15pazienti. Il 41,5% (17/41) dei casi risultano mutati per p53 (4mutazioni nell’esone 5, 3 nel 6, 5 nel 7 e 5 nell’8). 14 casi(34,1%) erano polimorfici nell’esone 4 del gene p53. Nessunaanomalia fu riscontrata nel gene Bax. Una risposta allachemioterapia è stata documentata in 12 (70,6%) delle pazienticon mutazione p53 e in 17 (70,8%) delle pazienti conp53 normale o polimorfico nell’esone 4. Le pazienti con mutazionedel gene p53 hanno dimostrato tuttavia una tendenzaad una peggiore sopravvivenza libera da progressione (mediana19,6 mesi versus 38,4 mesi, p = 0,17) e ad una peggioresopravvivenza globale (mediana 45,4 mesi versus non raggiunta,p = 0,14) rispetto a quelle con p53 normale o con polimorfismodell’esone 4.ConclusioniNei carcinomi sierosi ovarici in stadio avanzato, l’aggiuntadel taxolo al carboplatino: 1) annulla il significato predittivonegativo della mutazione del gene p53 nei confronti della rispostaalla chemioterapia di prima linea a base di platino, 2)appare non modificare il significato prognostico negativo ditale mutazione nei confronti dell’outcome clinico delle pazienti.Valore predittivo prognostico dell’analisi delcariotipo nei carcinomi ovariciC. Riva, E. Dainese, B. Bernasconi, D. Micello, C. Facco,S. Casnedi, M.G. Tibiletti, F. Sessa, C. CapellaDipartimento di Morfologia Umana, Università dell’Insubria,VareseIntroduzioneIl carcinoma ovarico rappresenta una neoplasia relativamentefrequente nel sesso femminile ed è caratterizzato, nellamaggior parte dei casi, da un esordio clinico in stadio avanzato.Pertanto la malattia ha una bassa percentuale di curabilitàed è gravata da una mortalità a 5 anni superiore al70%. L’efficacia della terapia chirurgica primaria è legata all’asportazionecompleta della neoplasia e delle localizzazioniaddomino-pelviche. È dimostrata l’efficacia della chemioterapianeoadiuvante a base di derivati del platino e taxani.Tuttavia la chemioresistenza può manifestarsi in alcunicasi fin dall’inizio della terapia, oppure svilupparsi a distanzadi tempo dopo una risposta completa. L’obiettivo dellostudio era l’identificazione di parametri predittivi prognosticie di alterazioni citogenetiche correlabili con la risposta allachemioterapia.MetodiSono stati indagati 44 carcinomi ovarici (28 sierosi, 10 indifferenziati,2 mucinosi, 3 endometrioidi, 1 misto) sottoposti aterapia chirurgica primaria e successiva chemioterapia. Tuttii casi sono stati valutati per grado, stadio, malattia residua,progressione/remissione e follow-up dopo chemioterapia.L’analisi citogenetica è stata effettuata su preparati direttiusando le tecniche di bandeggio QFQ.RisultatiUn cariotipo diploide/quasi diploide era significativamentecorrelato con la risposta alla chemioterapia (p = 0,007) econ una prognosi favorevole (p < 0,05), così come l’assenzadi marcatori cromosomici (p = 0,01). La risposta completaalla chemioterapia era associata a cariotipo senza perditadel cromosoma 18 (p < 0,05) e del 22 (p = 0,03); inoltreanche la perdita del cromosoma 15 appariva tendenzialmenteassociata a mancata risposta alla chemioterapia (67%dei casi).ConclusioniI nostri risultati hanno dimostrato che oltre ai noti parametriprognostici (stadio iniziale, basso grado, assenza di massaneoplastica residua, basso indice proliferativo), anche un cariotipodiploide/quasi diploide e l’assenza di marcatori cromosomicinel cariotipo, possono essere considerati indicatoriprognostici favorevoli nel carcinoma ovarico.Inoltre, cariotipo diploide/quasi diploide e cariotipo senzaperdita dei cromosomi 18, 22 e 15 appaiono marcatori di rispostaalla chemioterapia.

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