il carciofo - Coltura & Cultura
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paesaggio<br />
Campania in sintesi<br />
• È al quarto posto con una superficie di<br />
2019 ha e una produzione di 34.663 t<br />
• Con quasi 2000 ha la Piana del Sele (SA)<br />
è leader regionale. Qui viene coltivato<br />
l’ecotipo Tondo di Paestum, che altro<br />
non è che <strong>il</strong> Carciofo di Castellammare,<br />
rinominato Carciofo di Paestum<br />
• Le lievi differenze morfologiche e<br />
dell’epoca di produzione tra <strong>il</strong> Carciofo<br />
di Castellammare, <strong>il</strong> Campagnano,<br />
<strong>il</strong> Romanesco e <strong>il</strong> Tondo di Paestum<br />
fanno entrare questi ecotipi in un unico<br />
gruppo detto dei carciofi Romaneschi,<br />
al quale fa riferimento <strong>il</strong> Disciplinare di<br />
Produzione del Carciofo di Paestum IGP<br />
• Limitata diffusione ha <strong>il</strong> <strong>carciofo</strong> Bianco<br />
di Pertosa, inserito fra i Presidi di Slow<br />
Food, coltivato su pochissimi ettari in<br />
provincia di Salerno. Altro prodotto<br />
di nicchia è la varietà Capuanella,<br />
coltivata su ridotte superfici in<br />
provincia di Caserta e nel comune di<br />
Capua, da cui prende <strong>il</strong> nome<br />
Tempio di Nettuno nell’area archeologica<br />
di Paestum<br />
136<br />
Carciofo in Campania<br />
Introduzione<br />
In Campania la coltivazione del <strong>carciofo</strong> ha origini antiche tanto<br />
da farla risalire all’epoca romana, anche se le prime informazioni<br />
risalgono al XV secolo. Esse fanno riferimento ai Carciofi di Schito,<br />
cioè a quelli prodotti nella zona nota come Orti di Schito, posta<br />
alla periferia nord di Castellammare di Stabia e non lontano<br />
da Pompei (prov. di Napoli), formata dai depositi di lava e lap<strong>il</strong>li<br />
emessi con l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che coprì l’antico<br />
lido, <strong>il</strong> porto e le storiche saline. L’eccezionale valore di questi orti<br />
li farà definire “<strong>il</strong> miglior dono fatto dal Vesuvio con l’eruzione” che<br />
seppellì Stabia e Pompei. L’importanza di questo ortaggio crebbe<br />
anche grazie alla grande considerazione che acquisì presso<br />
la corte napoletana, tanto che si fa risalire a Carlo di Borbone, re<br />
di Napoli dal 1734 al 1739, la definizione del <strong>carciofo</strong> come “re<br />
dell’orto”.<br />
Carciofo di Castellammare o di Paestum<br />
La coltivazione del <strong>carciofo</strong> nell’area di Castellammare di Stabia<br />
iniziò a specializzarsi a partire dal 1920, quando le piante<br />
abbandonarono le aree marginali del giardino o dell’orto per<br />
essere coltivate su superfici sempre più ampie, su f<strong>il</strong>ari e con<br />
sesti d’impianto regolari così come sono giunti fino a noi. Fu<br />
così che <strong>il</strong> Carciofo di Schito divenne sinonimo di Carciofo di<br />
Castellammare che, per le sue indubbie qualità, colonizzò altre<br />
importanti aree orticole campane come quelle dell’Agro Sarnese-Nocerino,<br />
dei Monti Lattari e della Piana del Sele, seguendo<br />
le vicende legate alla bonifica di queste aree. Nel 1929, stando<br />
ai dati riportati dal Catasto Italiano, in Campania, la superficie