il punto - News facoltà
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fuori di ciò che si è deciso (in forma conscia<br />
o no) di voler vedere.<br />
Secondo l’approccio al quale invece mi<br />
rifaccio, tecnologizzare <strong>il</strong> sapere scolastico<br />
significa compiere una serie di operazioni<br />
esplicite ma concettualmente<br />
complesse, che muovono dalla decisione<br />
principale, di tipo strategico, mirante<br />
ad affiancare all’ordine preesistente,<br />
inteso come emanazione di una forma<br />
tecnologica, altri ordini, provenienti da<br />
altre forme tecnologiche, e quindi interessata<br />
a dar vita, anche dentro la scuola,<br />
ad un’idea di sistema: <strong>il</strong> sistema dei<br />
media. Per cominciare, questo impegno<br />
potrebbe tradursi nell’accettare, o meglio<br />
nel volere che <strong>il</strong> libro (la forma libro)<br />
interloquisca educativamente con<br />
<strong>il</strong> computer (la forma computer).<br />
Costruire un sistema là dove oggi c’è unicità<br />
ed esclusività permetterebbe allora<br />
di ampliare la portata critica e di<br />
consolidare la portata strategica dell’esperienza<br />
che <strong>il</strong> giovane matura in sede<br />
scolastica, sia sul piano cognitivo sia su<br />
quello affettivo e relazionale, in quanto,<br />
procedendo in questa direzione (libro<br />
+ computer + …), non risulterebbe<br />
esclusa, da questa azione di rispecchiamento<br />
plurimo, di individuo e media,<br />
nessuna forma o espressione della cosiddetta<br />
‘esperienza generale.<br />
Il senso di tale considerazione può risultare<br />
più chiaro, o almeno mi auguro<br />
sia così, se ci si prova a proiettarla sul<br />
mondo esterno alla scuola.<br />
3. 3. Fuori Fuori Fuori Fuori Fuori della della della della della scuola scuola scuola scuola scuola non si dà luogo<br />
dell’esperire e del fare che non venga<br />
continuamente sollecitato, influenzato,<br />
addirittura modellato e costruito dall’azione<br />
dei media o per l’edificazione<br />
del quale i media non forniscano a tutti<br />
noi strumenti vari, differenziati e sempre<br />
nuovi, comunque vissuti all’interno<br />
di una logica di sistema.<br />
In questo senso, si può dire che la nostra<br />
vita è totalmente plurimediale, oggi,<br />
o, se volete, multi-mediale (con <strong>il</strong> trattino,<br />
per non confondere <strong>il</strong> termine con<br />
quello, senza trattino, usato in ambito<br />
digitale), cioè giocata dentro l’azione di<br />
più mezzi, i quali presentano diverse identità<br />
e nature, e operano, dentro di<br />
noi, secondo modalità di connessione<br />
continua, cioè secondo una logica di sistema<br />
tanto stringente e avvincente<br />
(vincente!) da sembrare spontanea, quasi<br />
naturale.<br />
Cerco di chiarire questo <strong>punto</strong>, che considero<br />
cruciale. Non sto parlando del fe-<br />
nomeno del forte condizionamento culturale<br />
che, sul piano individuale e collettivo,<br />
rischia di produrre l’azione coordinata<br />
di più mezzi, quando c’è un<br />
qualcuno che ne detiene la proprietà e<br />
ne governa unitariamente l’attività: non<br />
voglio negare che questo sia un problema<br />
serio, è serissimo. Il fatto è che sto<br />
parlando di altro, qui. Sto parlando dell’attività<br />
di cucitura, integrazione, connessione<br />
che l’individuo (o <strong>il</strong> gruppo al<br />
quale appartiene) conduce tra i vari elementi<br />
di conoscenza/esperienza che ricava<br />
dalla sua esposizione ai media. Mi<br />
riferisco ad un impegno che non trova<br />
mai sosta, in ognuno di noi, distribuendosi<br />
sul fronte conscio e su quello inconscio,<br />
assumendo configurazioni diverse<br />
e producendo risultati differenziati<br />
a seconda del grado di consapevolezza<br />
che ciascuno ha del problema di confrontare<br />
le cose e del livello di fam<strong>il</strong>iarità<br />
con questo o quel mezzo, ma anche con<br />
l’idea di sistema, che è proprio di ciascuno.<br />
Di fatto, però, quel che ascoltiamo/vediamo<br />
alla televisione rimbalza automaticamente<br />
su quel che leggiamo sul giornale,<br />
e questo a sua volta si intreccia<br />
con ciò che possiamo ricavare dalla navigazione<br />
in Internet o dallo scambio di<br />
messaggi (elettronici e no) con i nostri<br />
conoscenti, per non dire del sottofondo<br />
sonoro che a questo intreccio di temi viene<br />
garantito da radio, cd, brusii, chiacchiere<br />
e rumori urbani, o per non dire<br />
ancora dell’articolazione visiva che a tale<br />
intreccio viene assicurata dall’album di<br />
immagini fisse e in movimento che inesaurib<strong>il</strong>mente<br />
ci viene squadernato<br />
dalle superfici dei corpi e degli oggetti,<br />
dai monitor, dagli schermi. E così via.<br />
Abitanti del v<strong>il</strong>laggio dei media - un v<strong>il</strong>laggio<br />
grande quanto <strong>il</strong> mondo, anzi ben<br />
più grande di esso (perché capace di<br />
moltiplicarlo con l’aiuto dell’immaginazione,<br />
della teoria, la simulazione, della<br />
narrazione) - costruiamo la nostra identità,<br />
giorno dopo giorno, o, secondo un<br />
altro <strong>punto</strong> di vista (a mio avviso più<br />
corretto) ci dotiamo di più identità, giorno<br />
dopo giorno, proprio stando dentro<br />
l’intreccio dei media, dentro le loro interfacce,<br />
e svolgendovi <strong>il</strong> ruolo di attori,<br />
non solo di consumatori. Quindi connettendo<br />
cose ma anche connettendoci<br />
a cose.<br />
4. 4. Nel Nel Nel Nel Nel porre porre porre porre porre in in in in in luce luce luce luce luce i i i i i fenomeni fenomeni fenomeni fenomeni fenomeni di cui ho<br />
detto mi sembra dunque non di toccare<br />
aspetti marginali, ma di individuare ele-<br />
menti centrali del nostro stare al mondo,<br />
del nostro esistere. Questo impegno<br />
a connettere, cucire, tessere è una prerogativa<br />
irrinunciab<strong>il</strong>e dell’uomo odierno,<br />
considerata la vastità dell’offerta di<br />
elementi assicurata dai media. Ma così<br />
si potrebbe ipotizzare che sia sempre<br />
stato, fin da quando l’uomo, dotatosi<br />
della parola parlata, dell’immagine e<br />
della scrittura ha usato queste risorse<br />
come strumenti per conoscere, ma anche<br />
per edificare <strong>il</strong> mondo, in modo integrato.<br />
Tutto bene, dunque? Tutto chiaro, allora?<br />
Direi proprio di no.<br />
Spesso, infatti, ci accorgiamo di non disporre,<br />
oggi che <strong>il</strong> problema è più eclatante<br />
di quanto non fosse ieri, di apparati<br />
concettuali capaci di farci vivere con<br />
coscienza, consapevolezza, criticità e,<br />
perché no?, serenità questa importantissima<br />
(e sempre più pervasiva) componente<br />
del nostro esistere.<br />
Capita infatti frequentemente (certo più<br />
di ieri), non solo in campo educativo, di<br />
trovarsi di fronte a rappresentazioni ‘apocalittiche,<br />
terroristiche e terrorizzanti,<br />
relativamente all’azione dei media,<br />
discorsi che appaiono basati su impressioni<br />
più che su dati di osservazione, su<br />
luoghi comuni più che su concetti, su f<strong>il</strong>osofie<br />
‘spontanee più che su teorie fondate,<br />
e che finiscono col dividere in due<br />
la nostra coscienza (per non dire della/<br />
e nostra/e identità): la parte che ci fa<br />
comunque e necessariamente interlocutori<br />
dei media, l’altra che ci fa sentire<br />
vittime dei media, proprio in quanto ne<br />
siamo utenti. Di qui la condanna ad una<br />
sorta di perenne schizofrenia: siamo quel<br />
che siamo per effetto dei media ma contemporaneamente<br />
neghiamo (o vorremmo<br />
fosse annullata) questa dimensione.<br />
Ecco allora che fissare alcune concettualizzazioni<br />
di base, per esempio proporre<br />
una riflessione preliminare, come<br />
sto facendo qui, sull’idea di ‘sistema dei<br />
media’, potrà servire a tutti noi per misurarsi<br />
con qualcosa di più impegnativo<br />
e gratificante che delle semplici (o complicate)<br />
istruzioni per far funzionare un<br />
computer o delle banali considerazioni<br />
sul rapporto fra realtà e rappresentazione:<br />
e ditemi voi, tanto per mettere a tacere<br />
quest’ultimo tema (che tanto sembra<br />
appassionare psicologi e pedagoghi)<br />
se c’è una realtà qualsiasi, fatta propria<br />
dall’uomo, che si presenti nuda, totalmente<br />
scissa da modalità di rappresentazione,<br />
ditemi voi a che cosa mai si riduca<br />
la realtà se a sostenerla non c’è l’in-<br />
la riflessione<br />
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