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La società unidimensionale e il suo superamento - Marcuse.org

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Neri, <strong>La</strong> <strong>società</strong> <strong>unidimensionale</strong> e <strong>il</strong> <strong>suo</strong> <strong>superamento</strong> (2008) 14<br />

passaggio al principio della realtà l’individuo si acc<strong>org</strong>e in modo traumatico che<br />

l’appagamento totale dei propri bisogni è impossib<strong>il</strong>e. Ne consegue che, se l’uomo tende per<br />

sua natura alla felicità, le condizioni reali della sua esistenza gli mostrano invece che la<br />

situazione in cui si trova è caratterizzata dal prevalere dell’infelicità. Per Freud non può<br />

esistere civ<strong>il</strong>tà senza repressione degli istinti e dunque <strong>il</strong> disagio è strettamente intrecciato<br />

con la civ<strong>il</strong>tà, che esige, quale garanzia per la sua esistenza, che gli individui rinuncino alla<br />

soddisfazione immediata dei loro bisogni per contribuire, con le loro prestazioni lavorative,<br />

alla sopravvivenza di un ordine civ<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>e e sicuro.<br />

<strong>La</strong> <strong>società</strong> civ<strong>il</strong>e si costituisce attraverso due tappe, la formazione della famiglia e<br />

l’istituzione del lavoro. Questi due elementi sono strettamente connessi tra loro, perché è<br />

proprio con <strong>il</strong> progressivo ampliarsi delle famiglie e del numero dei membri di cui esse sono<br />

composte che diventa indispensab<strong>il</strong>e uno sfruttamento sempre più intenso della natura<br />

mediante <strong>il</strong> lavoro. <strong>La</strong> necessità di sopravvivere e di garantire <strong>il</strong> sostentamento dei propri<br />

fam<strong>il</strong>iari costringe l’uomo a ridurre in maniera drastica lo spazio dedicato all’appagamento<br />

dei propri bisogni, che vengono così sacrificati in nome del processo produttivo. Per Freud<br />

tuttavia non c’è alternativa a questo stato di cose. <strong>La</strong> civ<strong>il</strong>tà s<strong>org</strong>e sulla rinuncia: questo è <strong>il</strong><br />

doloroso destino dell’uomo.<br />

L’obiettivo di <strong>Marcuse</strong>, in Eros e civ<strong>il</strong>tà, è diverso da quello di Freud. <strong>Marcuse</strong> prende infatti<br />

sì le mosse dalla ricostruzione freudiana del processo di inciv<strong>il</strong>imento, ma giunge a sostenere<br />

una tesi diversa da quella del fondatore della psicoanalisi. Freud, infatti, insiste sul concetto<br />

di Ananke, sulle necessità della vita, cioè sul fatto che la lotta per la sopravvivenza e la<br />

disponib<strong>il</strong>ità alla rinuncia sono requisiti necessari della civ<strong>il</strong>tà che, per poter esistere, richiede<br />

una sicurezza che deriva dalla cooperazione e può quindi essere garantita solo mediante un<br />

disciplinamento dei desideri individuali e la loro sublimazione verso prestazioni socialmente<br />

ut<strong>il</strong>i, quali <strong>il</strong> lavoro. <strong>Marcuse</strong> invece è convinto che Freud non abbia considerato che, nel<br />

corso della storia, le restrizioni della libertà soggettiva richieste per necessità, ovvero per<br />

consentire l’esistenza di un ordine civ<strong>il</strong>e, non hanno riguardato in maniera equa tutti gli<br />

uomini, ma sono state imposte da alcuni di loro, cioè dagli appartenenti alla classe<br />

dominante, affinché prevalessero i loro specifici interessi. Allo stesso modo i beni necessari<br />

alla sopravvivenza non sono stati mai distribuiti in maniera tale da soddisfare i bisogni di tutti<br />

gli individui: “L’affermazione di Freud che la civ<strong>il</strong>tà è basata sulla repressione permanente<br />

degli istinti umani, è stata accolta senza discussione. Il <strong>suo</strong> interrogativo, se la sofferenza<br />

inflitta in questo modo all’individuo valga i benefici della cultura, non è stato considerato con<br />

troppo impegno – tanto più che Freud stesso riteneva doversi trattare di un processo

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