La società unidimensionale e il suo superamento - Marcuse.org
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Neri, <strong>La</strong> <strong>società</strong> <strong>unidimensionale</strong> e <strong>il</strong> <strong>suo</strong> <strong>superamento</strong> (2008) 8<br />
quando l’uomo incomincia ad agire.<br />
Per questi motivi, l’affinità tra la concezione luterana e l’etica kantiana è, secondo <strong>Marcuse</strong>,<br />
evidente. Basti pensare al dualismo, introdotto dal f<strong>il</strong>osofo di Königsberg, fra uso pubblico ed<br />
uso privato della ragione. <strong>La</strong> piena autonomia presuppone per Kant la libertà e, più<br />
esattamente, la libertà di fare uso pubblico della propria ragione in tutti i campi. Usare<br />
“pubblicamente” la propria ragione significa servirsene per promuovere un accrescimento<br />
delle conoscenze non solo per se stessi, ma per tutti gli uomini. Proprio per questa sua portata<br />
universale, che abbraccia tutte la scienze che l’uomo, in quanto essere razionale, può<br />
apprendere e fare proprie, la ragione “pubblica” è identificata da Kant con l’Illuminismo. <strong>La</strong><br />
pubblicizzazione della sapienza è ciò che dunque consente all’individuo di inserirsi nella<br />
concreta dimensione della socialità. All’uso privato della ragione spetta, invece, un ambito di<br />
applicazione più ristretto, in quanto l’impiego che l’uomo può farne è relativo ad un certo uso<br />
particolare. Quest’ uso privato della ragione è identificato da <strong>Marcuse</strong> con l’ufficio civ<strong>il</strong>e,<br />
ovvero con <strong>il</strong> lavoro, al quale l’uomo deve subordinare la propria libertà, perdendo la<br />
possib<strong>il</strong>ità di esercitare le proprie facoltà conoscitive in ambiti che non siano quelli<br />
strettamente legati allo svolgimento del compito che gli è stato affidato. Per Kant la libertà è<br />
qualcosa che l’uomo possiede da sempre e proprio perciò egli è libero. In quanto è innata, la<br />
libertà presuppone come sua naturale conseguenza l’<strong>il</strong>libertà sociale. <strong>La</strong> <strong>società</strong> civ<strong>il</strong>e di<br />
Kant, in cui ciascuno pretende di essere libero e si contrappone a tutti gli altri, è una <strong>società</strong><br />
insicura e vulnerab<strong>il</strong>e che può esistere solo in una condizione di totale coercizione. A questo<br />
stato di cose non ci si può ribellare, perché ciò significherebbe venir meno ad un patto<br />
generale cui gli uomini hanno deciso di sottostare e quindi, automaticamente, vorrebbe dire<br />
decretare la propria fine.<br />
Da quanto è stato detto emerge che, a partire da Lutero, passando per Kant e giungendo infine<br />
a <strong>Marcuse</strong>, sussiste un’insopprimib<strong>il</strong>e dicotomia tra uomo ed opera, tra le infinite potenzialità<br />
che l’individuo possiede per realizzarsi e le limitate possib<strong>il</strong>ità di concretizzazione che gli si<br />
offrono nella dimensione pratica della sua esistenza.<br />
È nuovamente la f<strong>il</strong>osofia di Hegel a segnare, secondo <strong>Marcuse</strong>, una svolta. Il problema<br />
dell’autorità viene affrontato da un diverso punto di vista: in Hegel la servitù è generata dal<br />
timore verso <strong>il</strong> padrone e si trasforma perciò in totale dipendenza nei <strong>suo</strong>i confronti. Tuttavia<br />
Hegel non si limita soltanto a cercare <strong>il</strong> fondamento dell’autorità e del dominio ma<br />
concepisce questo fondamento collocandolo all’interno di una lotta sociale, ovvero in un<br />
conflitto in cui servo e padrone combattono per affermare la propria indipendenza. Tale<br />
conflitto non si conclude con la soppressione di uno dei due contendenti ma con <strong>il</strong>