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2-Diabetes-Barometer-Report

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Inerzia terapeutica e memoria metabolica<br />

Premessa<br />

Una delle principali (se non la principale) cause che spiegano<br />

perché una elevata percentuale di soggetti con diabete<br />

mellito ancor oggi non raggiunge gli obiettivi desiderati<br />

in termini di compenso metabolico, è rappresentata<br />

dal fenomeno della “inerzia terapeutica”. Con questo<br />

termine si intende comunemente l’atteggiamento del<br />

medico che, pur consapevole del mancato raggiungimento<br />

degli obiettivi del trattamento di una determinata<br />

patologia, evita di adottare misure idonee (1). Questo<br />

atteggiamento può nascere da varie motivazioni, quali<br />

poca convinzione sui reali vantaggi derivanti dal raggiungimento<br />

degli obiettivi, scarsa fiducia negli strumenti<br />

disponibili per l’intervento o nella reale volontà del<br />

paziente di utilizzarli a fronte dei sacrifici richiesti, ecc. Il<br />

fenomeno dell’inerzia terapeutica coinvolge pressoché<br />

tutte le patologie croniche ed è evidente anche nella<br />

gestione del diabete mellito di tipo 2, sia nelle fasi precoci<br />

della malattia, quando cioè l’assenza di sintomi clinici<br />

e la modesta entità del rialzo glicemico possono creare,<br />

non solo nel paziente ma anche nel medico, la falsa<br />

impressione di una condizione di scarsa importanza clinica,<br />

sia nelle fasi più tardive e in particolare quando si verifica<br />

il fallimento secondario degli ipoglicemizzanti orali.<br />

Situazione attuale<br />

Quasi tutti i soggetti con diabete di tipo 2, dopo un<br />

periodo più o meno lungo di malattia, vanno incontro ad<br />

un progressivo incremento dei valori glicemici nonostante<br />

utilizzino al meglio i farmaci orali, per un progressivo<br />

esaurimento della residua capacità di produrre insulina<br />

da parte del pancreas (2). Questa evenienza impone il<br />

ricorso alla terapia insulinica iniettiva, evento che è molto<br />

spesso visto come “una iattura” dal paziente, ma talora<br />

anche dal medico, non sempre preparato nei confronti<br />

delle obiettive difficoltà associate a questa terapia. Da<br />

qui la tendenza a dilazionare nel tempo il passaggio alla<br />

nuova terapia, su pressione del paziente e nella più o<br />

meno recondita speranza/illusione che qualcosa nel frattempo<br />

cambi (“starò più attento alla dieta” è la tipica<br />

giustificazione spesso fornita e prontamente accettata).<br />

Le conseguenze di questo atteggiamento remissivo sono,<br />

96<br />

inevitabilmente, un periodo più o meno prolungato di<br />

cattivo controllo della glicemia, con tutte le conseguenze<br />

in termini di danni indotti da una glicemia elevata per<br />

molto tempo su vasi, cuore, rene, retina, nervi, ecc.<br />

Il problema dell’inerzia terapeutica assume oggi ulteriore<br />

gravità alla luce delle evidenze che dimostrano che essa<br />

penalizza soprattutto i soggetti con diabete alla diagnosi<br />

o nei primi anni della malattia, facendo perder loro il<br />

beneficio della cosiddetta “memoria metabolica”. E’ già<br />

noto da alcuni anni, sulla base dei risultati dello studio<br />

DCCT, che i soggetti con diabete di tipo 1 che raggiungono<br />

sin dall’esordio della malattia un buon compenso<br />

glicemico, anche a distanza di molti anni vanno meno<br />

incontro alle complicanze croniche della malattia rispetto<br />

a chi raggiunge questi risultati tardivamente (3). La stessa<br />

cosa è stata di recente dimostrata anche per il diabete<br />

di tipo 2, grazie ai dati del follow-up dello studio<br />

UKPDS: i pazienti in trattamento intensivo sin dalla diagnosi<br />

di diabete, dopo 20 anni avevano meno complicanze<br />

microangiopatiche e cardiovascolari di chi all’inizio<br />

praticava una terapia meno aggressiva ed aveva dunque<br />

glicemia peggiore, anche se successivamente il suo compenso<br />

migliorava (4). Queste evidenze dimostrano che<br />

l’impegno, da parte del paziente ma anche del medico,<br />

Rappresentazione schematica dell’onere glicemico evitabile,<br />

passando da un atteggiamento inerte (o cauto) ad<br />

uno proattivo (o aggressivo) (da: Ref. 2)

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