2-Diabetes-Barometer-Report
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L'attività sportiva<br />
Il ruolo dell'attività sportiva<br />
Premessa<br />
Numerosissime pubblicazioni scientifiche evidenziano<br />
come il principale fattore di rischio di morte sia proprio la<br />
ridotta capacità di esercizio, mostrando in alcuni casi che<br />
l’incremento di un solo MET (un MET è l’unità di misura<br />
del metabolismo e, convenzionalmente, corrisponde al<br />
consumo di Ossigeno di 3,5 ml per kilogrammo di peso<br />
corporeo per minuto [3,5 mlO2(kg*min)-1]) diminuisca<br />
del 17% il rischio di mortalità in un gruppo di oltre 7000<br />
donne (Gulati, Circulation, 2003).<br />
L’attività fisica è da considerarsi quella medicina capace di<br />
far guarire o di proteggere da alcune malattie, ma<br />
dovrebbe essere svolta sotto controllo medico, sia per la<br />
prescrizione di quella ideale che per la definizione del suo<br />
dosaggio. Concetto indiscutibile quando si fa riferimento<br />
a popolazioni in condizioni patologiche, in cui l’attività<br />
sportiva va intesa proprio come sport-terapia, ma appropriato<br />
e facilmente intuibile anche quando si affrontano<br />
condizioni fisiologiche: ad un bambino piccolo, verrà<br />
proposta una attività sportiva rivolta al miglioramento del<br />
suo sviluppo psico-fisico e non un’attività di sollevamento<br />
pesi!<br />
Situazione attuale<br />
Ma qual è, secondo le più recenti evidenze scientifiche, il<br />
minimo di attività fisica necessaria per preservare e<br />
migliorare la salute? Dal punto di vista calorico questo<br />
potrebbe essere quantificato in una attività motoria che<br />
comporti un dispendio energetico compreso tra 1000 e<br />
2000 calorie a settimana; dal punto di vista pratico significa<br />
seguire un allenamento aerobico tre-cinque volte a<br />
settimana di intensità moderata, per circa 30-60 minuti a<br />
cui associare un allenamento muscolare semplice ed esercizi<br />
quotidiani di stretching.<br />
L’allenamento aerobico deve svolgersi ad una intensità<br />
che sia tra il 55-60 e l’80% del proprio massimale (inteso<br />
come massimo consumo d’Ossigeno). Nel piano settimanale<br />
di lavoro, all’allenamento aerobico si dovrebbero<br />
associare delle sedute di allenamento con piccoli pesi o<br />
contro piccole resistenze, un allenamento cioè che agisce<br />
maggiormente sulla periferia (ovvero sui muscoli) senza<br />
indurre carichi troppo alti che potrebbero determinare<br />
sovraccarichi funzionali ed essere quindi controindicati in<br />
alcune patologie (ad esempio nell’ipertensione arteriosa).<br />
Infine, ma non di minore importanza, andrebbe inserito<br />
quotidianamente un esercizio di allungamento delle principali<br />
articolazioni (spalla, bacino e colonna) per contrastare<br />
la comune esperienza della perdita di flessibilità articolare,<br />
legata all’invecchiamento.<br />
Quando la pratica sportiva è di tipo agonistico, non dobbiamo<br />
dimenticare che oltre agli effetti positivi legati alla<br />
pratica dell’attività motoria, si vengono a creare condizioni<br />
e situazioni che pongono importanti sfide alla persona<br />
(soprattutto se in presenza di condizioni patologiche<br />
come il diabete) e ai professionisti che lo seguono. Se la<br />
situazione ideale per il diabetologo è quella in cui il consumo<br />
di glucosio avviene ogni giorno in orari, quantità e<br />
modalità prevedibili, come accade regolarmente con<br />
l’assunzione di glucosio ai pasti principali e come è possibile<br />
realizzare se si svolgono attività ludiche, assai meno<br />
“ideale” può essere quello che avviene con la pratica<br />
agonistica. Gli orari degli incontri possono differire molto<br />
anche da un giorno all’altro; gli allenamenti possono<br />
essere diversamente intensificati in funzione della sua<br />
programmazione; la partecipazione reale all’incontro (in<br />
campo o in panchina) può essere decisa all’ultimo<br />
momento.<br />
Per affrontare queste situazioni sarebbe necessario avere<br />
un paziente ‘modello’, ma non basterebbe! Occorre un<br />
lavoro di gruppo che sappia affrontare, avvalendosi se<br />
possibile dell’aiuto di un medico specialista in Medicina<br />
dello Sport, l’entità dello sforzo, la misura in cui questo<br />
sarà ‘finanziato’ dai tessuti muscolari attraverso carboidrati<br />
o acidi grassi liberi (generalmente il ricorso ai grassi<br />
è inversamente proporzionale all’intensità). Un impegno<br />
che si aggiunge alla necessità di calibrare con cura sia<br />
l’equilibrio glicemico precedente all’attività sportiva, sia<br />
quello nelle ore seguenti (in cui la ricostituzione delle<br />
riserve di glucosio provoca una tendenziale ipoglicemia).<br />
Non vi sono ad oggi impedimenti normativi o legali alla<br />
pratica di attività fisica da parte della persona con diabete.<br />
Riprendendo la legge del 16 marzo 1987 n°115, la<br />
malattia diabetica priva di complicanze invalidanti non<br />
costituisce motivo ostativo al rilascio del certificato di idoneità<br />
fisica per la iscrizione nelle scuole di ogni ordine e<br />
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