La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO
La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO
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Gli scioperi, che riescono molto bene, sono caratterizzati da una<br />
ampia partecipazione e dalla rabbia dei lavoratori, che cresce fino a<br />
quando, il 19 aprile, nel corso di uno sciopero generale di 24 ore<br />
per tutti i lavoratori del gruppo industriale laniero proclamato unitariamente<br />
da CGIL, CISL e UIL, oltre 3.000 persone manifestano<br />
a Valdagno sul piazzale della fabbrica. Vi sono cariche della polizia<br />
che intende sgomberare il piazzale per permettere l’accesso al lavoro<br />
di alcuni impiegati. Due operai sono fermati e successivamente<br />
rilasciati anche grazie all’intervento dell’Amministrazione comunale,<br />
ma le tensioni si accentuano. Sono presenti poche persone estranee<br />
al paese e alle maestranze della Marzotto, solo una mezza dozzina<br />
di studenti di Trento e qualche giovane psiuppino venuto da<br />
Vicenza.<br />
Nel tardo pomeriggio prendono corpo altri scontri con la polizia<br />
accompagnati da qualche sassaiola, gli operai degli stabilimenti in<br />
sciopero resistono con determinazione alle cariche delle forze dell’ordine<br />
e alcuni di loro danno vita a una battaglia che contrattacca i<br />
poliziotti coinvolgendo progressivamente tutto il paese e che si conclude<br />
con un bilancio molto pesante: 300 fermi che vengono trasformati<br />
in arresti per 42 persone. Sono tutti di Valdagno escluso un<br />
giovane professore di Padova che insegna <strong>nella</strong> locale scuola media.<br />
Mentre continuano i tafferugli tra lavoratori e forze di polizia, un<br />
gruppo di operai esasperati lega con una corda la <strong>statua</strong> di bronzo<br />
alta circa otto metri che raffigura il conte Gaetano Marzotto senior,<br />
collocata in Piazza Dante non lontano dall’ingresso dello stabilimento<br />
tessile. <strong>La</strong> fune non regge gli strappi e si spezza, viene sostituita<br />
da una più robusta e al secondo attacco la <strong>statua</strong> è abbattuta e cade<br />
con fragore.<br />
Quel gesto per molti giovani operai segna la fine della subalternità<br />
alle regole del padrone, sia che assuma la forma del paternalismo<br />
nelle valli venete, sia che assuma forme più repressive altrove. Vi è<br />
indubbiamente tra molti lavoratori un senso di liberazione per la<br />
conquista simbolica che ottengono attraverso l’abbattimento della<br />
<strong>statua</strong> del conte; annoterà Cesco Chinello: «L’abbattimento della<br />
<strong>statua</strong> del Conte Marzotto descrive lapidariamente l’itinerario percorso<br />
dalla rassegnazione alla lotta».<br />
Il 12 maggio del ’68 vi è un nuovo accordo sindacale sulla ristrutturazione<br />
e su alcuni aumenti economici, una intesa che la CGIL<br />
non sottoscrive nuovamente poiché contiene a premessa una stru-<br />
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