La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO
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Intervento<br />
di Umberto Dal Maso *<br />
Nella ricorrenza del 40° anniversario sono state indette diverse iniziative,<br />
dal sindacato, al Liceo classico di Valdagno, ad altri soggetti<br />
politici e storici.<br />
Tutti hanno evidenziato come un’intera città si fosse riversata in<br />
piazza a protestare per le giuste rivendicazioni dei lavoratori della<br />
Marzotto.<br />
In questo contesto, gli storici hanno dibattuto a lungo spiegando<br />
fin nei minimi dettagli i fatti e gli eventi che hanno caratterizzato<br />
quella giornata.<br />
Ma per quanto preparati, documentati, non potranno mai spiegare<br />
gli afrori, i rumori e soprattutto le condizioni di lavoro, che un<br />
operaio viveva giorno dopo giorno in fabbrica.<br />
Ed è in questa logica, che voglio scrivere queste poche righe, per<br />
evidenziare le sensazioni soggettive di chi quel periodo l’ha vissuto.<br />
Giunto ormai alla sera della vita, posso guardare a quel periodo<br />
senza usare lenti colorate, con obiettività e serenità d’animo,<br />
Sono entrato in fabbrica all’età di 17 anni, dopo le scuole tecniche,<br />
come apprendista tessitore. <strong>La</strong>voro che ho ricoperto per tutta<br />
la durata del mio impiego fino alla pensione, con la qualifica di<br />
«maestro», titolo che veniva conferito a chi svolgeva determinate<br />
mansioni lavorative e aveva una certa anzianità di servizio.<br />
L’aspettativa di un giovane a quell’epoca era di entrare quanto<br />
prima nel mondo del lavoro; oggi a distanza di quarant’anni c’è una<br />
certa similitudine, ma con una sostanziale differenza, che allora non<br />
possedevi nulla, non mi riferisco alla macchina, alla tv, al telefoni-<br />
* Pensionato, ex operaio della Marzotto.<br />
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