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La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO

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Questo a me sembra essere il grande insegnamento di quella<br />

straordinaria stagione di lotte e di conquiste.<br />

Per comprendere pienamente la rottura del sessantotto consentitemi<br />

di leggervi ciò che qualche anno dopo scriveva Vittorio Foa a<br />

proposito degli anni che lo precedettero:<br />

Si predicò la fine delle ideologie come fine delle ragioni del conflitto sociale.<br />

Si cercarono le ‘nuove sedi’ più adatte perché il sindacato diventasse<br />

valido contraente in una contrattazione politica dei salari. Si teorizzò<br />

che la contrattazione avesse <strong>nella</strong> storia tre fasi: quella concorrenziale,<br />

teorizzata dai classici come lotta di classe; quella del governo industriale,<br />

cioè di una complessa gestione istituzionale da parte dei padroni, dei<br />

sindacati e del governo, non senza conflitti residui; e quindi la fase finale<br />

della cogestione dove l’integrazione degli interessi del lavoro con quelli<br />

del capitale si sarebbe felicemente conclusa. <strong>La</strong> sociologia di tipo istituzionalista<br />

continuava a non vedere il quarto personaggio del dramma, la<br />

classe operaia […]. E invece fu proprio questo quarto personaggio a rimescolare,<br />

<strong>nella</strong> primavera del 1968, tutte le carte.<br />

Il sistema di relazioni industriali fondato sul contratto aziendale delegato<br />

dal contratto nazionale si dissolse nel corso di poche settimane quando<br />

[…] in decine e poi in centinaia d’imprese i lavoratori avviarono lunghi e<br />

duri scioperi per obiettivi non previsti dal contratto nazionale, per aumenti<br />

salariali, per l’abrogazione della ‘job evaluation’, per il controllo<br />

sull’organizzazione del lavoro 15 .<br />

Le nuove condizioni imposte dalla globalizzazione e dalla dispersione<br />

del lavoro, indotte dal nuovo «modo di produzione» tipico<br />

dell’impresa postfordista rendono oggi ardua l’iniziativa del sindacato<br />

sul terreno del controllo dell’organizzazione del lavoro. Ciascuno<br />

di noi può però constatare come le presunte nuove dottrine<br />

della modernità che ci vengono presentate oggi non siano altro che<br />

la riproposizione, neppure tanto aggiornata, di vecchie ricette confindustriali<br />

tese a perpetuare vecchie disuguaglianze sociali e vecchi<br />

rapporti di potere.<br />

Il carattere di questa introduzione non mi consente di svolgere,<br />

come sarebbe necessario, ulteriori approfondimenti di contesto storico<br />

politico. L’auspicio è che la CGIL sia capace nel futuro di formare<br />

le nuove generazioni all’amore per lo studio della storia del<br />

movimento sindacale.<br />

15 Vittorio Foa, Per una storia del movimento operaio, Torino, Einaudi, 1980.<br />

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