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La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO

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Era la fine di marzo. Nei giorni successivi alla distribuzione l’ufficio<br />

che conteneva le schede dei «marcatempi» (di cui si parla in altre testimonianze)<br />

venne messo a soqquadro e le schede distrutte.<br />

Nei mesi di marzo e di aprile la lotta si inasprisce e la tensione<br />

sale anche per le provocazioni dell’azienda e delle forze di polizia<br />

ben prima del fatidico 19 aprile. Tra l’8 marzo e il 19 aprile gli<br />

scioperi in vario modi articolati furono dodici.<br />

Altri parleranno delle lotte e delle relative forme, a me qui interessa<br />

cogliere alcuni momenti di svolta ed il ruolo che avemmo come<br />

comunisti.<br />

Lo sciopero del 10 aprile fu importante. Fu totale per i turni interessati<br />

con una fortissima presenza di lavoratori che presidiavano<br />

l’entrata principale (vedi qui sopra la foto scattata il 10 aprile 1968).<br />

Improvvisamente si presentò in forze la polizia con fare intimidatorio.<br />

In riunione con i compagni decidemmo che occorreva andare<br />

oltre la fabbrica e l’Ente locale e coinvolgere gli studenti delle superiori<br />

anche perché un certo lavorio soprattutto verso la Valdagno<br />

bene, verso i commercianti, verso professionisti nelle varie articolazioni<br />

cominciava ad avere dei risultati: le lotte «sporcavano» l’immagine<br />

di una Valdagno tranquilla.<br />

Il tentativo mai smesso di isolare la fabbrica dalla società era intensificato.<br />

Per cui, il giorno dopo l’11 aprile, uscimmo con un comunicato<br />

diffuso ovunque che si apriva così: «Il governo colpisca<br />

Marzotto, non i lavoratori! Invece di mandare la polizia davanti alla<br />

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