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La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO

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essere il secondo sindacato, la delusione per l’esito del processo unitario<br />

era forte tra i nostri quadri. Soprattutto perché si andava delineando<br />

una «unità d’azione istituzionalizzata» tra le confederazioni<br />

che mal si conciliava con l’idea «dell’unità dal basso» che continuava<br />

a vivere in particolare a Schio con la straordinaria esperienza partecipativa<br />

del Consiglio di zona sotto la spinta della FLM e dei consigli<br />

di fabbrica della <strong>La</strong>nerossi.<br />

Per queste ragioni a Castelgomberto attuammo comunque il congresso<br />

di scioglimento della Camera del <strong>La</strong>voro di Valdagno e rilanciammo<br />

l’obiettivo del Consiglio di zona unitario. È probabile<br />

che in quell’atto un po’ velleitario e volontaristico vi fosse una componente<br />

propagandistica.<br />

L’obiettivo era quello di far sapere ai lavoratori che il fallimento<br />

dell’unità organica non era addebitabile alla CGIL. Ma insieme vi<br />

era anche la forte spinta unitaria del gruppo dirigente della Camera<br />

del <strong>La</strong>voro e soprattutto una concezione dell’unità fondata su forme<br />

di vita democratica che facevano perno sulla partecipazione. In sostanza<br />

per noi il Consiglio di zona non era la sommatoria delle tre<br />

organizzazioni, bensì un’istanza nuova che sostituiva quelle esistenti,<br />

che aveva un funzionamento autonomo, che ricercava il difficile<br />

equilibrio tra rappresentanza politica generale e valorizzazione<br />

delle esperienze più vive.<br />

Era questa la posizione della sinistra sindacale guardata con «diffidenza»<br />

dallo stesso Luciano <strong>La</strong>ma 2 .<br />

Ma l’autunno caldo era ormai lontano e la spinta dal basso si stava<br />

affievolendo. I congressi nazionali della UIL, della CISL, della<br />

CGIL tornavano a ribadire l’obiettivo dell’unità organica, ma in<br />

realtà chiudevano definitivamente quell’esperienza e sancivano il<br />

«ponte» del patto federativo. Il tempo si incaricherà di dimostrare<br />

che quel ponte non poggiava su basi solide anche se sarebbe servito<br />

a garantire una solida unità d’azione per un lungo periodo (fino al<br />

decreto Craxi del 1984).<br />

5. Ora, nel contesto del tessile tradizionale della Marzotto, l’intreccio<br />

tra economia e politica appariva evidente, a partire dalla contestazione<br />

dell’organizzazione del lavoro, dalla lotta per gli investimenti<br />

e per l’occupazione. Tutto ciò dava vita ad un confronto viva-<br />

2 Quaderni di rassegna sindacale, n. 39-40, novembre 1972, febbraio 1973.<br />

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