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La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO

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perché mi avrebbero arrestato. Allora sono andato giù verso l’ospedale<br />

ed ho passato l’Agno a stento.<br />

Sono passato dall’altra parte e sono salito sopra alla caserma dei<br />

carabinieri, ma ben più alto, ed ho camminato seguendo il monte<br />

passando per la Valgrossa e Novale e sono venuto a casa. Il mattino<br />

dopo sono andato a lavorare. Eh sì, tutti a lavorare, tutti pieni di<br />

paura. Valdagno era ridotta proprio male.<br />

Il terrore del giorno dopo e la ripresa del conflitto<br />

Com’era l’ambiente nei giorni successivi?<br />

I giorni successivi era tutto quieto, tutti in silenzio! Tutti gli operai<br />

avevano lanciato sassi, c’era stata unità tra di loro, ma poi vedendo<br />

le retate della polizia, tutti avevano paura di essere stati visti e che<br />

qualcuno facesse la spia. Anche perché la polizia aveva cominciato<br />

ad indagare su chi aveva lanciato i sassi, chi aveva abbattuto il monumento<br />

e chi aveva assaltato la Rinascente. C’erano indagini in<br />

corso e tutti avevano paura, tutti in silenzio. Tra di noi c’era la paura<br />

della delazione. Perché quella sera tutti avevano collaborato:<br />

operai ed anche cittadini di Valdagno ci avevano aiutato.<br />

<strong>La</strong> ragione di quella rabbia era che Giannino Marzotto era spietato<br />

e l’ambiente in fabbrica non si poteva reggere; c’era schiavitù,<br />

come dicevo: quei controlli al gabinetto, la proibizione del fumo.<br />

Sembrava di essere in galera, non in fabbrica.<br />

Nei contratti poi, finché c’era Giannino, questi non voleva mai<br />

cedere nulla e le paghe erano basse.<br />

Si è poi giunti ad un accordo che però è durato poco.<br />

Non è durato nulla. Si è fatto quell’accordo per tirar fuori la gente<br />

della galera, ma non si aveva ottenuto nulla per le condizioni interne<br />

alla fabbrica. I Bidò [rimanevano] ancora e le paghe sono rimaste<br />

basse, il clima era quello di prima.<br />

Regnava il terrore della repressione dopo i fatti, ma gli operai<br />

rimanevano scontenti e arrabbiati perché si lavorava ancora come<br />

prima.<br />

Allora c’era Palmieri sindacalista per la CGIL e una volta gli ho<br />

detto: «Guarda che gli operai sperano che si vada a trattare con<br />

Marzotto». Lui mi rispose: «Noi siamo disposti a trattare», e Gian-<br />

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