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La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO

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oggi, ma anche nelle prossime settimane – vorremo tutti cogliere<br />

l’occasione di questo quarantennale per ragionare non solo sul passato,<br />

ma soprattutto sul nostro futuro, su ciò che ci dobbiamo attendere<br />

da esso e, magari, su ciò che possiamo fare per renderlo un po’<br />

migliore di come potrebbe presentarsi.<br />

Nel solco di questa impostazione, vorrei fare una prima considerazione.<br />

Il ’68, a Valdagno, in realtà è iniziato qualche anno prima, quando<br />

all’interno della Marzotto – che rappresentava il riferimento sociale<br />

storico di gran parte della città – l’aumento dei carichi di lavoro,<br />

la ristrutturazione aziendale e la messa in discussione dell’occupazione<br />

hanno creato una grande incertezza tra i lavoratori, rompendo<br />

l’equilibrio nelle relazioni fra città e fabbrica.<br />

In questo contesto, poi, è assolutamente necessario, per una corretta<br />

comprensione di che cosa rappresentasse allora Gaetano Marzotto<br />

per Valdagno.<br />

Oggi siamo presenti ad un convegno organizzato dalla Fondazione<br />

Giuseppe Di Vittorio. Di Vittorio stesso era venuto in quegli anni<br />

a Valdagno ed ebbe modo di apprezzare tutte le iniziative sociali<br />

che Gaetano Marzotto aveva costruito nel tempo. Anche questo<br />

aneddoto significativo ci aiuta a comprendere come Marzotto rappresentasse<br />

il riferimento della città sotto diversi punti di vista.<br />

Innanzitutto, e ovviamente, rappresentava la certezza occupazionale,<br />

non solo per Valdagno, ma per tutta la vallata. A questo proposito,<br />

ricordo a beneficio di tutti che negli anni ’50-52, quando il<br />

Vicentino era soprattutto una provincia agricola, alla Marzotto lavoravano<br />

ben 8.000 lavoratori tra Valdagno e Maglio di Sopra.<br />

Ma oltre al valore in termini di occupazione e di certezza del lavoro,<br />

la figura di Gaetano Marzotto ha lasciato il suo segno anche e<br />

soprattutto per la costruzione della Città sociale, con un investimento<br />

impressionante anche in termini economici, riconosciuto<br />

proprio dalle parole di Giuseppe Di Vittorio. Un investimento che<br />

aveva dato origine ad un complesso sistema di protezioni e sostegni<br />

sociali, costituito – con una visione di grande modernità assolutamente<br />

non scontata per l’epoca – non solo dalle residenze, ma<br />

anche e soprattutto da una serie di servizi sociali completa e incredibilmente<br />

avanzata: scuola materna, asilo nido, casa per anziani,<br />

stadio, teatro, piscina, scuola di musica, dopolavoro aziendale e<br />

molto altro ancora.<br />

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