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La statua nella polvere. - GIORGIO ROVERATO

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Prima di passare in nota allo scaffale, ad ogni modo, sarà lecito<br />

gettare uno sguardo sulla dinamica degli avvenimenti sottolineando<br />

in prima battuta che le loro premesse e le loro conseguenze ebbero<br />

straordinaria importanza per gli operai e per i sindacalisti del posto<br />

ed osservando altresì, più in largo, che essi, dato che ne rappresentarono<br />

un’anticipazione cronologica obiettiva, finirono pure per<br />

annunciare e per prefigurare molti aspetti dell’autunno caldo prossimo<br />

venturo. <strong>La</strong> guerriglia urbana del 19 aprile, come poi l’occupazione<br />

degli stabilimenti che vi tenne dietro l’anno successivo<br />

dal 24 gennaio al 23 febbraio 1969 (e che fu «suggerita», come vedremo,<br />

dalla CISL di Francesco Guidolin), venne variamente imputata,<br />

sin dall’inizio, alla presenza attiva di frange intellettuali e studentesche<br />

del tutto estranee all’ambiente locale 13 secondo una comoda<br />

tesi fatta propria e rilanciata dalla stampa d’informazione cosiddetta<br />

indipendente 14 , ma non più abbandonata sino ai nostri<br />

giorni da molti critici poco disposti ad entrare nel merito della vicenda,<br />

che viceversa si sviluppò tutta all’interno della comunità an-<br />

13 Secondo una diceria divenuta più tardi vulgata, ma del tutto destituita di fondamento.<br />

Studenti attivi e coinvolti ve ne furono sì in gran numero, ma pressoché tutti<br />

di Valdagno o della provincia di Vicenza, compresi un paio di «Lotta Continua»<br />

universitari a Padova oppure iscritti a Sociologia nell’ateneo trentino e tramiti probabili<br />

della intermittente presenza in città di un altro paio di loro colleghi di corso «foresti»<br />

(e comunque fattisi vivi solo l’indomani 20 aprile); i valdagnesi inoltre, che costituivano<br />

la schiacciante maggioranza, erano spesso figli o parenti degli operai in lotta<br />

(cfr. le osservazioni di F. Boschetto, Agitazioni studentesche a Valdagno, in Aa.Vv., Valdagno<br />

e la Marzotto, cit., pp. 73-87).<br />

14 Sulla «rivolta nelle cronache dei giornali» nazionali e veneti, cfr. W. Cocco, <strong>La</strong><br />

Vandea diventa giacobina: cronaca di un biennio rivoluzionario, in Aa.Vv., Valdagno e la<br />

Marzotto, cit., pp. 38-46. Uno sguardo alla stampa strettamente locale, ossia valdagnese,<br />

del periodo 1967-1969 permette di riscontrare soprattutto silenzi, lacune e omissioni:<br />

a parte quelle surrogate dalla produzione a ciclostile di documenti e di volantini,<br />

di cui dà documentata notizia il Boschetto, c’è da dire che s’era appena esaurita,<br />

nel 1967, l’esperienza, in corso dal 1964, del foglio divenuto organo del Movimento<br />

Studenti Cattolici di Valdagno (su cui fra gli altri scrivevano il giovane Giorgio Roverato,<br />

ma anche futuri sindaci DC come Gaetano Bressan, personaggi di un certo avvenire<br />

funzionariale come Rosario Drago ecc.); si pensi all’attività di un giornale come<br />

Il Nostro Campanile tradizionalmente rivolto ai valdagnesi emigrati nelle più diverse<br />

parti del mondo che tacque del tutto sui fatti per non fornire ai concittadini che vivevano<br />

all’estero «l’immagine di una Valdagno percorsa da una violenza inaspettata»<br />

(V. Visonà, ‘Il Nostro Campanile’ e cinquant’anni di stampa locale, in Quaderni del Gruppo<br />

Storico Valle dell’Agno, maggio 2007, n. 35, p. 45).<br />

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