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Per la stagione 2008/2009 sono operanti due Comitati Consultivi IN ...

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ne commessa dal primo ai danni del secondo, travolgendo<br />

tutti, con ansioso rigore, nel<strong>la</strong> deso<strong>la</strong>zione dell’occupazione<br />

sovietica: con <strong>la</strong> fuga, l’espatrio, una<br />

nuova vita in California, sempre nell’inconscio, con<br />

il ricordo di quel<strong>la</strong> cattiva azione. Fino al momento in<br />

cui giungerà l’ora, drammatica per riparar<strong>la</strong> al<strong>la</strong> luce<br />

anche di una rive<strong>la</strong>zione inattesa.<br />

Tensioni, angosce, pagine terribili al momento dei<br />

sovietici, ma anche più terribili, e atroci, quando quel<br />

ritorno ‘a casa’ opporrà il protagonista adulto all’orrore<br />

dei talebani (<strong>la</strong>cerante <strong>la</strong> sequenza del<strong>la</strong> <strong>la</strong>pidazione<br />

dell’adultera...). Uno stile rapido ma anche prezioso,<br />

cifre visive sempre di sapiente intensità. Al<br />

centro, degli interpreti, professionisti e no, di solida<br />

efficacia. E coinvolgenti; specie i bambini.(Gianluigi<br />

Rondi)<br />

Il Messaggero - Francesco Alò - 28/03/<strong>2008</strong><br />

Un telefono squil<strong>la</strong> nel<strong>la</strong> California del 2000. ‘Si può<br />

tornare a essere buoni’ dice una voce dal passato. <strong>Per</strong><br />

farlo Amir, scrittore di successo, deve tornare nel suo<br />

Afghanistan dove 22 anni prima correva per le strade<br />

di Kabul con l’amico Hassan inseguendo un aquilone<br />

colorato. La differenza di etnia non li divise. Il coraggio<br />

sì. Quando Hassan, servo di etnia hazara, viene<br />

malmenato e violentato da un gruppetto di imberbi<br />

fondamentalisti, il nobile pashtun Amir fugge<br />

vigliaccamente. <strong>Per</strong>derà innocenza e patria, rifugiandosi<br />

negli Usa dopo l’invasione sovietica del ‘79. Il<br />

ritorno in Afghanistan sarà doloroso e catartico.<br />

Troverà ad aspettarlo fantasmi vestiti da talebani. “Il<br />

cacciatore di aquiloni” dell’eclettico Marc Forster<br />

(dal drammone “Monster’s Ball” al biografico leccato<br />

“Never<strong>la</strong>nd” fino al prossimo 007), tratto dal bestseller<br />

di Khaled Hosseini, è un adattamento molto<br />

corretto, abitato da facce giuste (i bambini <strong>sono</strong> entusiasmanti)<br />

e sapientemente montato tra passato e presente.<br />

In alcuni momenti (le esecuzioni talebane)<br />

restituisce l’immane potenza del<strong>la</strong> storia cartacea. In<br />

altri (<strong>la</strong> banalizzazione del papà di Amir) i tanti fan<br />

del romanzo storceranno il naso. Forse erano necessarie<br />

3 ore. Comunque un’opera che vo<strong>la</strong> alto senza<br />

cadere mai.<br />

Il Corriere del<strong>la</strong> Sera - Tullio Kezich - 28/03/<strong>2008</strong><br />

Nel cinema vige <strong>la</strong> rego<strong>la</strong> per cui quando si ricava un<br />

film da un romanzo immensamente popo<strong>la</strong>re (l’esempio<br />

c<strong>la</strong>ssico è “Via col vento”) per non deludere i<br />

lettori bisogna restargli fedele il più possibile. Così<br />

hanno fatto i produttori di “Il cacciatore di aquiloni”,<br />

scritto da un oriundo afghano emigrato politico in<br />

USA, il medico Khaled Hosseini, che nel 2003 pubblicò<br />

‘The Kite Runner’ arrivando a vendere 8 milio-<br />

78<br />

ni di copie (di cui una rispettabile percentuale in<br />

Italia nelle edizioni Piemme). L’interesse di libro e<br />

film sta nel riassumere 25 anni di storia che hanno<br />

visto nel ‘79 l’invasione sovietica dell’Afghanistan,<br />

<strong>la</strong> decennale guerriglia che seguì, <strong>la</strong> lotta fratricida<br />

dopo il ritiro russo nel 1989 e <strong>la</strong> crudele dittatura dei<br />

Talebani nel ‘96 per metter fine al<strong>la</strong> quale si <strong>sono</strong><br />

mobilitate le forze dell’ONU. Amir fa pensare al<br />

‘Lord Jim’ di Conrad, colui che sconta per tutta <strong>la</strong><br />

vita le conseguenze di un gesto di viltà. Fin da piccolo<br />

il protagonista ha avuto come compagno nelle gare<br />

degli aquiloni e in altri giochi il coetaneo Hassan servitore<br />

in casa sua: un ragazzino analfabeta, devoto e<br />

avido di sapere. Un brutto giorno Amir, senza trovare<br />

il coraggio di intervenire, assiste all’ignobile violenza<br />

di tre bulli sunniti sul suo amichetto, colpevole<br />

solo di essere sciita. Da quel momento il padroncino<br />

avverte <strong>la</strong> presenza di Hassan come un rimorso, e per<br />

liberarsene lo accusa di avergli rubato l’orologio. Il<br />

padre di Amir, l’agiato vedovo Baba, vede andar via<br />

il piccolo cameriere con un dispiacere profondo di<br />

cui capiremo più tardi il motivo. Arrivano i carri<br />

armati russi e bisogna fuggire da Kabul: dopo un<br />

viaggio fortunoso, ritroviamo Baba e Amir rifugiati<br />

nel seno di una comunità afghana in California. Nel<br />

tempo trascorso, guadagnandosi il pane con umili<br />

impieghi, Baba è riuscito a far <strong>la</strong>ureare il figliolo. Lo<br />

scopriamo sposato con <strong>la</strong> bel<strong>la</strong> Soraya quando è<br />

appena arrivato il pacco con le copie del suo primo<br />

romanzo. Ma <strong>la</strong> telefonata di un vecchio amico di<br />

famiglia rifugiato in Pakistan invoca e quasi pretende<br />

l’immediata presenza di Amir. A Peshawar, il protagonista<br />

apprende che Hassan e sua moglie <strong>sono</strong> stati<br />

trucidati dai Talebani, i quali hanno rapito l’orfanello<br />

Sohrab. Amir si chiede perché spetta proprio a lui<br />

tentare di salvarlo, ma pronta arriva <strong>la</strong> risposta:<br />

Hassan era un figlio naturale di Baba, quindi Sohrab<br />

è un nipote. Non resta che affrontare i rischi di una<br />

trasferta c<strong>la</strong>ndestina, con tanto di barba posticcia, fra<br />

le rovine e gli orrori di un Paese che non è più il paradiso<br />

degli aquiloni. Se penetrare in Afghanistan non<br />

è facile, uscirne sarà peggio. Tra rive<strong>la</strong>zioni e colpi di<br />

scena, il racconto parallelo di libro e film procede<br />

con colpi di scena al<strong>la</strong> Victor Hugo. Sorprese, agnizioni,<br />

brutalità: non manca niente. Neppure <strong>la</strong> configurazione<br />

postuma dell’antico rapporto fra Amir e<br />

Hassan come quello fra Caino e Abele. Un pregio di<br />

“Il cacciatore di aquiloni” è di raccontare dal di dentro<br />

un contesto che per noi spettatori del TG è solo un<br />

surreale teatro di sparatorie e massacri.<br />

L’ambientazione del<strong>la</strong> pellico<strong>la</strong>, girata nel<strong>la</strong> Cina<br />

interna, risulta p<strong>la</strong>usibile, i paesaggi <strong>sono</strong> suggestivi<br />

e nell’allestimento non si è guardato a spese. Qualche<br />

sequenza partico<strong>la</strong>rmente riuscita rimane impressa:

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