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Per la stagione 2008/2009 sono operanti due Comitati Consultivi IN ...

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di storia recente del Paese senza calcare troppo le<br />

tinte fosche, arrivando al cuore del lettore, che commuove<br />

e fa insieme riflettere.<br />

Si parte nel 1978 con i bambini Hassan e Amir<br />

(eccellenti in una prima parte dalle reminiscenze neorealiste<br />

i piccoli interpreti Zekeria Ebrahimi e Ahmad<br />

Khan Mahmidzada, che hanno rischiato di incorrere<br />

nelle ire talebane per <strong>la</strong> scena scabrosa), il primo<br />

figlio di Baba, un ricco commerciante pashtun, e l’altro<br />

del servo di etnia inferiore hazara. Amir, analfabeta,<br />

è legatissimo ad Hassan e lo aiuta nelle gare di<br />

aquiloni mostrando pure un talento formidabile nel<br />

trovare quelli persi in cielo, ma una volta che si trova<br />

nei guai a causa di un ricco bullo che lo picchia e lo<br />

sodomizza, viene tradito da Hassan che per viltà vede<br />

e fugge.<br />

Il peso del<strong>la</strong> colpa porta addirittura Hassan non solo<br />

a ignorare Amir, ma addirittura ad accusarlo falsamente<br />

di furto e, anche se il padre Baba non vorrebbe<br />

(si saprà verso <strong>la</strong> fine il perché), a <strong>la</strong>sciare <strong>la</strong> casa.<br />

Poi è l’invasione sovietica, <strong>la</strong> fuga negli Usa con<br />

Baba, le nozze con un’altra esule e l’inizio del<strong>la</strong> carriera<br />

di scrittore di Hassan. Che viene però invitato<br />

da un amico del genitore a tornare in patria per salvare<br />

il figlio di Amir, ucciso dai talebani assieme al<strong>la</strong><br />

moglie. E sarà un viaggio pieno di rischi nel dolore,<br />

ma anche nel riscatto personale...<br />

Il film è girato con molta cura, attori in stato di grazia<br />

(splendido il Baba di Homayon Ershadi), ben<br />

fotografato e, a parte le semplificazioni narrative in<br />

eccesso del finale (<strong>la</strong> facilità del<strong>la</strong> fuga e dell’introdurre<br />

un bimbo negli Usa, il silenzio sulle armi fornite<br />

dagli Usa ai Talebani...), vuole essere il più possibile<br />

fedele al romanzo per non deludere i molti lettori.<br />

Cosa che involontariamente però fa: ne coglie <strong>la</strong><br />

lettera, non però lo spirito, si limita a mostrare senza<br />

indirizzare l’attenzione sicché s<strong>la</strong>va l’intensità delle<br />

emozioni e dei sentimenti data dal<strong>la</strong> pagina, si <strong>la</strong>scia<br />

vedere, ma non indigna né commuove come avrebbe<br />

potuto - e dovuto fare.<br />

L’Eco di Bergamo - Andrea Frambrosi -<br />

29/03/<strong>2008</strong><br />

Quando, dopo una serie di vicissitudini degne di un<br />

feuilletton ottocentesco, Amir riesce a rintracciare e<br />

portare in salvo il piccolo Sohrab, il bambino gli confida<br />

di sentirsi a disagio perché si sta già dimenticando<br />

il volto dei genitori, barbaramente trucidati dai<br />

Talebani. E Amir, donandogli una foto po<strong>la</strong>roid dove<br />

<strong>sono</strong> ritratti il piccolo Sohrab e il padre, Hassan,<br />

amico d’infanzia di Amir, lo esorta e lo aiuta a non<br />

dimenticare. Ecco, forse il senso profondo di un film<br />

che peraltro tocca corde molto profonde in diversi<br />

campi, è proprio quello del<strong>la</strong> necessità di ricordare.<br />

80<br />

Come si sa il film è tratto dal bestseller internazionale<br />

di Khaled Hosseini (edito in Italia da Piemme),<br />

medico di origini afghane emigrato negli Stati Uniti.<br />

La necessità di ricordare significa ripercorrere (e far<br />

ripercorrere al lettore e allo spettatore) almeno venticinque<br />

anni di storia dell’Afghanistan, raccontata<br />

(vissuta) dall’interno. Non <strong>sono</strong> le immagini di un<br />

qualsiasi telegiornale quelle che vediamo sullo schermo:<br />

hanno una loro crudezza e una loro evidenza<br />

tanto più forti quanto più sappiamo che <strong>sono</strong> comunque<br />

filtrate dal romanzesco e dal filmico. Ricordare<br />

cos’era Kabul negli anni Settanta, per esempio: una<br />

città colorata, vivace, cosmopolita; o forse solo semplicemente<br />

più libera. Una città dove vo<strong>la</strong>vano gli<br />

aquiloni: punti colorati che si rincorrevano nel cielo<br />

guidati dalle mani esperte dei ragazzi che si sfidavano<br />

a <strong>due</strong>lli infiniti: oggi i Talebani hanno proibito<br />

anche quelli, dice sconso<strong>la</strong>to uno dei protagonisti.<br />

Appassionati di aquiloni <strong>sono</strong> anche Amir e il suo<br />

inseparabile amico Hassan. Amir è figlio di Baba<br />

(l’attore Homayoun Ershadi, già visto nel film “Il<br />

sapore del<strong>la</strong> ciliegia” di Abbas Kiarostami), un facoltoso<br />

uomo d’affari di etnia pashtun, mentre Hassan è<br />

il piccolo servitore di casa, analfabeta e appartenente<br />

all’etnia hazara, considerata inferiore. Nonostante ciò<br />

i <strong>due</strong> ragazzini <strong>sono</strong> inseparabili e vivono come se<br />

fossero fratelli. Un brutto giorno, però, tre bulli del<br />

quartiere che da tempo ronzavano intorno ai <strong>due</strong><br />

ragazzi trovano Hassan da solo e per punirlo lo violentano.<br />

Amir assiste nascosto al<strong>la</strong> scena senza avere<br />

il coraggio di intervenire. Da quel momento in poi <strong>la</strong><br />

vista di Hassan è per lui fonte di sensi di colpa e<br />

rimorso, per cui lo accusa di avergli rubato l’orologio<br />

e lo fa scacciare dal padre. Il quale lo scaccia molto<br />

malvolentieri e solo poi scopriremo il perché. Intanto<br />

siamo arrivati al<strong>la</strong> fine degli anni Settanta e con l’invasione<br />

sovietica dell’Afghanistan Amir e suo padre<br />

<strong>la</strong>sciano il paese, si rifugiano in Pakistan e poi negli<br />

Stati Uniti. Dove il film peraltro inizia quasi dal<strong>la</strong><br />

fine del<strong>la</strong> storia. Amir, che da sempre sogna di fare lo<br />

scrittore, ha infatti finalmente pubblicato il suo primo<br />

romanzo, ma proprio mentre apre le scatole con le<br />

prime copie riceve una drammatica telefonata…<br />

Bellissimo nel<strong>la</strong> prima parte, quel<strong>la</strong> che ricostruisce<br />

<strong>la</strong> vecchia Kabul, di cui dicevamo, il film tocca diverse<br />

corde: da quel<strong>la</strong> del ricordo di cui abbiamo detto a<br />

quel<strong>la</strong> del rimorso e del senso di colpa, dell’affetto tra<br />

padre e figlio, dell’amore per <strong>la</strong> scrittura e per il proprio<br />

paese. Toccando anche il drammatico problema<br />

del regime dei Talebani (agghiacciante <strong>la</strong> sequenza<br />

del<strong>la</strong> <strong>la</strong>pidazione di una coppia di adulteri), anche se<br />

il film glissa sul passaggio dall’invasione sovietica al<br />

nuovo regime. Ma forse toccando troppe corde non<br />

riesce sempre a toccare quel<strong>la</strong> giusta.

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