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Per la stagione 2008/2009 sono operanti due Comitati Consultivi IN ...

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proprio universo in sca<strong>la</strong> ridotta. Viene proposta quindi<br />

un’autentica babele in cui si par<strong>la</strong> portoghese, yiddish,<br />

tedesco e italiano (e possiamo anche assistere a una curiosa<br />

partita di calcio di quartiere “ebrei contro italiani”).<br />

L’umorismo garbato ed ingenuo è affidato all’innocenza<br />

dei piccoli protagonisti e alle loro deliziose espressioni di<br />

stupore di fronte ad una realtà che credono di dominare<br />

ma non comprendono appieno. Si ride quindi, e molto, ma<br />

con occhio sempre attento al<strong>la</strong> realtà brasiliana di quegli<br />

anni, ai fermenti studenteschi e alle violente repressioni<br />

del<strong>la</strong> polizia. Il finale non <strong>la</strong>scia del resto dubbi rispetto<br />

al<strong>la</strong> natura tragica anni di piombo in Brasile.<br />

Famiglia Cristiana - Enzo Natta - 10/08/<strong>2008</strong><br />

Nel 1970, anno in cui vinse <strong>la</strong> Coppa Rimet diventando<br />

campione del mondo per <strong>la</strong> terza volta, il Brasile stava<br />

attraversando una difficile fase del<strong>la</strong> vita politica, nel<br />

segno di una spietata dittatura militare. E così <strong>la</strong> squil<strong>la</strong>nte<br />

vittoria calcistica fu trasformata dal Governo del generale<br />

Garrastazu-Medici in strumento politico, per distogliere<br />

l’attenzione dell’opinione pubblica dal<strong>la</strong> repressione<br />

in atto. E’ in questo clima che, costretti al<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ndestinità<br />

e al<strong>la</strong> <strong>la</strong>titanza, i genitori di un dodicenne affidano il<br />

figlio alle cure del nonno...<br />

“L’anno in cui i miei genitori andarono in vacanza” di Cao<br />

Hamburger è un film sull’esilio (del ragazzo, dei genitori,<br />

del<strong>la</strong> libertà) e sul<strong>la</strong> scoperta del mondo, scrutato con gli<br />

occhi dell’innocenza e del<strong>la</strong> curiosità. Lo sguardo del protagonista<br />

si posa sorpreso su ogni dettaglio e, come<br />

Robinson Crusoe sull’iso<strong>la</strong> deserta, il ragazzo affina <strong>la</strong> sua<br />

capacità di osservazione catturando ogni momento di quel<br />

forzato distacco dal<strong>la</strong> famiglia fino a trasformarlo in crescita<br />

e arricchimento continui. Un film sfumato, leggero,<br />

mai banale, grazie al<strong>la</strong> sensibilità di un regista che in Tv<br />

ha maturato una notevole esperienza pedagogica nel <strong>la</strong>voro<br />

di gruppo con i ragazzi.<br />

Il Messaggero - Fabio Ferzetti - 06/06/<strong>2008</strong><br />

Due genitori in fuga, un ragazzino affidato in tutta fretta al<br />

nonno, i mondiali di calcio del 1970. E dietro, invisibili<br />

ma sempre presenti, filtrati dallo sguardo del piccolo protagonista,<br />

l’angoscia e gli orrori del<strong>la</strong> dittatura militare<br />

brasiliana. “L’anno in cui i miei genitori andarono in<br />

vacanza” è un film che sarebbe facile etichettare ‘di formu<strong>la</strong>’<br />

se non fosse semplicemente, bonariamente irresistibile.<br />

Questione di feeling, come sempre. Ovvero di<br />

casting, di finezza del tocco, di un senso dei dettagli che<br />

dà scatto e spessore a ogni momento del<strong>la</strong> strana estate di<br />

Mauro, perso come un astronauta dimenticato nello spazio<br />

in un polveroso quartiere ebraico di San Paolo, abitato<br />

quasi solo da anziani che par<strong>la</strong>no yiddish; mentre lui, di<br />

madre cristiana, non è nemmeno circonciso, come scopre<br />

sgomento il vecchio signore che lo prende in casa dopo <strong>la</strong><br />

morte repentina del nonno... Diretto da un regista esperto<br />

in tv per l’infanzia, popo<strong>la</strong>to da ragazzini (e soprattutto<br />

ragazzine) portentosi per simpatia ed espressività,<br />

“L’anno in cui i miei...” schiva con eleganza e struggi-<br />

85<br />

mento tutte le trappole dei film sospesi al punto di vista<br />

rive<strong>la</strong>tore (e un po’ facile) del bambino. E conferma il<br />

momento di grazia del cinema brasiliano. Specie quando<br />

non tambureggia sul Grande Tema ma riscopre con garbo<br />

le sue molte anime.<br />

Il Corriere del<strong>la</strong> Sera - Maurizio Porro - 06/06/<strong>2008</strong><br />

Viene dal Brasile questo film sensibile e gentile nei modi<br />

di Truffaut, in cui si par<strong>la</strong> di questioni grosse mesco<strong>la</strong>te ai<br />

goal dei Mondiali di calcio ‘70, con una sceneggiatura<br />

bi<strong>la</strong>nciata tra il sommerso del dolore politico e quello che<br />

galleggia nel quotidiano, mixando argutamente sport e<br />

politica. Un ragazzino di 10 anni vede partire nel 1970 i<br />

genitori costretti a una ‘vacanza’ in Maggiolino, invisi al<strong>la</strong><br />

dittatura militare, completa di assassini, esilio e torture<br />

che colpì il Brasile dal ‘64 all’85. Affidato al nonno, lo<br />

trova appena morto per infarto e se <strong>la</strong> deve cavare da solo,<br />

con l’aiuto di un vicino di casa nel<strong>la</strong> periferia di San Paolo<br />

che fa parte del gruppo yiddish e adotta il ragazzo,<br />

seguendo i consigli del rabbino, anche se non è circonciso,<br />

ma riconoscendo <strong>la</strong> vittima designata. A questo punto<br />

<strong>la</strong> vita ricomincia con amici teenager, una ragazzina assai<br />

partico<strong>la</strong>re che organizza per i maschietti un peep show<br />

sbirciando gli spogliatoi del<strong>la</strong> sartoria materna, <strong>la</strong> barista<br />

di buon cuore, il compagno di sinistra. Gruppetto da realismo<br />

magico che cerca di far dimenticare al piccolo protagonista,<br />

che nel<strong>la</strong> confusione cerca di essere felice e<br />

diventa un mini capofamiglia con l’ansia del<strong>la</strong> solitudine<br />

e l’attesa del<strong>la</strong> telefonata promessa per <strong>la</strong> finale dei<br />

Mondiali che il Brasile vincerà (contro l’Italia) grazie a<br />

Pelé, allentando <strong>la</strong> morsa golpista con l’oppio calcistico<br />

che va sempre di moda. Film romanzo di formazione adolescenziale,<br />

datato anni ‘70 e presentato con successo al<strong>la</strong><br />

Berlinale 2007, opera seconda di un autore di tv, Cao<br />

Hamburger, specialista di infanzie, che non fa sconti ideologici<br />

al<strong>la</strong> dittatura ma insegue il sogno dell’infanzia e ne<br />

analizza i piccoli grandi traumi in modo personale, attraccando<br />

il racconto al fantastico cordone ombelicale di un<br />

decenne appassionato di vita e pallone. Un racconto fatto<br />

di memorie e rimpianti, non sempre immune da qualche<br />

sentimentalismo, ma godibile nel rapporto tra nonno e<br />

nipote secondo i modelli anche del nostro neorealismo.<br />

Il Sole 24Ore - Roberto Escobar - 15/06/<strong>2008</strong><br />

Pos<strong>sono</strong> giocare nel<strong>la</strong> stessa formazione, Pelé e Tostão?<br />

Questa è <strong>la</strong> domanda che i brasiliani si pongono nell’estate<br />

di 38 anni fa. Il 1970, appunto, è l’anno dei mondiali in<br />

Messico, ma è anche il sesto di una dittatura militare che<br />

nel calcio, e nel tifo appassionato di tutto il Paese per <strong>la</strong><br />

nazionale, cerca un potente strumento di consenso. A quel<br />

tempo, e più d’una volta anche a quel<strong>la</strong> domanda, torna<br />

Cao Hamburger con “L’anno in cui i miei genitori andarono<br />

in vacanza” (“O ano em que meus pais saíram de<br />

férias”, Brasile, 2006, 104’).<br />

Nato nel 1962, Hamburger è su per giù coetaneo del suo<br />

Mauro (Michel Joelsas). Dunque, potrebbe essere anche<br />

sua <strong>la</strong> voce narrante del film che ha scritto con Adriana<br />

Falcão, C<strong>la</strong>udio Galperin, Bráulio Mantovani e Anna<br />

Muy<strong>la</strong>ert. In ogni caso, anche sua è <strong>la</strong> memoria di quel-

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