Per la stagione 2008/2009 sono operanti due Comitati Consultivi IN ...
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l’estate: tanto quel<strong>la</strong> felice del<strong>la</strong> vittoria di Pelé, Tostão e<br />
degli altri in maglia verdeoro, quanto quel<strong>la</strong> tragica del<strong>la</strong><br />
persecuzione contro gli oppositori del regime. E oppositori<br />
- comunisti, secondo <strong>la</strong> definizione sbrigativa che piace<br />
ai ‘moderati’, in quel<strong>la</strong> lontana estate brasiliana - <strong>sono</strong> Bia<br />
(Simone Spo<strong>la</strong>dore) e Daniel (Eduardo Moreira), <strong>la</strong> madre<br />
e il padre del piccolo protagonista. Costretti al<strong>la</strong> fuga, con<br />
il figlio i <strong>due</strong> fingono di partire per una lunga vacanza. Lui<br />
invece andrà dal nonno paterno (Paulo Autran), un ebreo<br />
po<strong>la</strong>cco che vive a San Paolo. Così gli dicono. E il padre<br />
aggiunge una promessa, che è poi solo una bugia imposta<br />
dall’amore: torneranno a prenderlo presto, in tempo per<br />
seguire con lui in tivù i mondiali messicani. D’altra<br />
parte,appena arrivato a casa del nonno, Mauro scopre di<br />
essere solo: l’uomo è morto all’improvviso, e tutto quello<br />
che ne resta è il suo appartamento, chiuso a chiave.<br />
Ci <strong>sono</strong> <strong>due</strong> diversi livelli narrativi, in “L’anno in cui i<br />
miei genitori andarono in vacanza”. Il primo, storico e<br />
politico, è il più drammatico, ma è anche il più sottinteso,<br />
e quasi taciuto. Il secondo, quotidiano e spesso dolce, è<br />
attento non solo ai timori di Mauro, ma anche al<strong>la</strong> sua<br />
voglia di vita e alle sue curiosità di preadolescente.<br />
Attorno a lui c’è poi l’umanità di un intero caseggiato, e<br />
di un intero quartiere. In partico<strong>la</strong>re, c’è l’attenzione brusca<br />
e tenera insieme di Shlomo (Germano Haiut), un vecchio<br />
signore silenzioso che vive nell’appartamento vicino<br />
a quello del nonno.<br />
Chi si deve occupare di Mauro? È Shlomo che lo ha ‘scoperto’,<br />
solo e abbandonato di fianco al<strong>la</strong> sua porta.<br />
Dunque, così gli dice un rabbino molto saggio e molto<br />
deciso, è un po’ come se si trattasse di un nuovo ‘piccolo<br />
Mosè’ salvato dalle acque. Proprio a lui, a Shlomo, tocca<br />
prendersene cura, come toccò al<strong>la</strong> figlia del faraone prendersi<br />
cura dell’altro Mosè, quello antico. Poco importa che<br />
si tratti di un goi, di un non ebreo (come Shlomo scopre,<br />
con orrore, quando lo vede fare pipì in un vaso di fiori: e<br />
l’orrore non è per l’uso indebito del vaso di fiori). Con<br />
dolcezza e con tenerezza, ma sempre in modo ‘trattenuto’,<br />
Hamburger racconta dapprima le incomprensioni e gli<br />
scontri fra i <strong>due</strong>, fra il ragazzino e il vecchio, quello spaventato<br />
per l’abbandono e questo spaventato del suo stesso<br />
spavento. Ma poi, lentamente, minimo gesto dopo<br />
minimo gesto, Shlomo impara ad amare il suo piccolo<br />
Mosè incirconciso.<br />
Intanto, Mauro esplora e conosce il quartiere, e i suoi abitanti:<br />
<strong>la</strong> comunità ebraica che lo copre di attenzioni e lo<br />
riempie di cibo (oltre che di misteriosi discorsi in yiddish),<br />
86<br />
<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> e svelta Hanna, e anche Irene, <strong>la</strong> bel<strong>la</strong> cameriera<br />
del bar dove gli uomini si trovano per par<strong>la</strong>r del mondiale<br />
(e per darle un’occhiata). <strong>Per</strong> un po’, <strong>la</strong> storia e <strong>la</strong><br />
politica si perdono sullo sfondo, e il film sembra interessato<br />
solo al<strong>la</strong> memoria di una dolce estate lontana: le cerimonie<br />
in sinagoga, le sfide calcistiche fra italiani ed ebrei,<br />
i giochi in strada dei ragazzini (e anche quello, poco usuale,<br />
di starsene dietro lo spogliatoio di una sartoria con<br />
l’occhio a un buco, ma solo dopo aver pagato il ‘biglietto’<br />
a Hanna, che è <strong>la</strong> figlia del<strong>la</strong> sarta). Al<strong>la</strong> fine, attesi e<br />
sognati, arrivano i mondiali. Del<strong>la</strong> dittatura e del<strong>la</strong> sua<br />
violenza si direbbe che niente sia rimasto, a parte qualche<br />
scritta di protesta sul muro, o al peggio una carica di<br />
cavalleria contro degli studenti. <strong>Per</strong> il resto, tutti stanno<br />
davanti ai televisori. Moderati e comunisti, ebrei e italiani,<br />
vecchi e ragazzini, i brasiliani <strong>sono</strong> in festa. E però,<br />
proprio quando <strong>la</strong> nazionale trionfa a Città del Messico,<br />
Mauro rivede <strong>la</strong> madre: distesa su un letto, in casa del<br />
nonno, ha gli occhi pesti e vuoti. Bia è tornata dalle<br />
‘vacanze’, ma senza Daniel. E il ragazzino scopre che<br />
sul<strong>la</strong> sua vita e sul<strong>la</strong> sua memoria peseranno altre domande,<br />
oltre a quel<strong>la</strong> circa Pelé e Tostão.<br />
La Stampa - Alessandra Levantesi - 06/06/<strong>2008</strong><br />
Sembra esserci qualcosa in comune fra il dodicenne protagonista<br />
di “L’anno in cui i miei genitori andarono in<br />
vacanza” e il regista brasiliano Cao Hamburger, come lui<br />
di origine mista ebraico-berlinese e italo-cattolica. Tanto<br />
da far pensare che questo delicato e doloroso romanzo di<br />
formazione, ambientato in un’estate di esilio dopo <strong>la</strong><br />
quale nul<strong>la</strong> sarà uguale a prima, abbia un’ispirazione<br />
autobiografica. Siamo nel giugno 1970 e il paese, pur da<br />
sei anni sotto il tallone di una repressiva dittatura militare<br />
destinata a durare fino all’85, è distratto da altro: forte<br />
di una squadra di campionissimi fra cui il mitico Pelé,<br />
tutti non pensano che a conquistare <strong>la</strong> coppa del mondo.<br />
Appassionato come ogni ragazzino di calcio, anche<br />
Mauro vivrebbe nell’euforica attesa del<strong>la</strong> vittoria, se non<br />
fosse per un senso di solitudine e un presentimento di tragedia<br />
incombente dopo che papà e mamma, militanti di<br />
sinistra perseguitati dal regime, <strong>sono</strong> stati costretti a<br />
<strong>la</strong>sciarlo a San Paulo diluendosi nel nul<strong>la</strong>. Un po’ troppo<br />
pasteggiato ma realizzato con finezza, il film ha soprattutto<br />
il pregio dì una felice ambientazione: multietnico e<br />
vivace, il quartiere ebraico del Bon Ritiro é un luogo vero<br />
su cui si riverbera <strong>la</strong> dolcezza nostalgica di un luogo del<strong>la</strong><br />
memoria.