07.09.2023 Views

Makinglife n.4 2023

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

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origine. Vi sono peptidi<br />

bioattivi di derivazione<br />

vegetale, ittica, derivati<br />

dalla carne rossa, ai quali<br />

sono stati attribuiti diversi<br />

effetti sulla salute umana<br />

che spaziano piuttosto<br />

ampiamente dall’effetto<br />

ipocolesterolemizzante a<br />

quello antinfiammatorio, a<br />

quello immunostimolante e<br />

addirittura alla prevenzione<br />

della genesi di mutazioni<br />

potenzialmente alla base<br />

dello sviluppo di tumori.<br />

Tuttavia, la maggior parte<br />

della letteratura oggi<br />

disponibile è basata su<br />

studi condotti in modelli<br />

sperimentali (in vitro e nel<br />

modello animale); un’esigua<br />

percentuale di ricerche è<br />

stata realizzata nell’uomo<br />

e, soprattutto, sono pochi<br />

gli studi di lunga durata. Un<br />

secondo problema è legato<br />

al fatto che la maggior<br />

parte dei peptidi bioattivi<br />

prevede un processo di<br />

produzione estremamente<br />

costoso. Per giustificarne<br />

l’utilizzo, dunque, occorrerà<br />

supportare la loro<br />

dimostrazione di efficacia<br />

con molta più letteratura<br />

clinica.<br />

Di recente è stato osservato<br />

un certo interesse nei<br />

confronti di botanicals<br />

caratteristici della macchia<br />

mediterranea: si aprono<br />

nuove opportunità per<br />

il mercato italiano degli<br />

integratori?<br />

Potenzialmente sì,<br />

considerando tuttavia<br />

che esistono pro e<br />

“<br />

In tema di<br />

bioattivi, la<br />

maggior parte<br />

della letteratura<br />

oggi disponibile<br />

è basata su<br />

studi condotti<br />

in modelli<br />

sperimentali<br />

contro. Sicuramente, la<br />

letteratura scientifica<br />

supporta l’impiego dei<br />

nutraceutici derivati da<br />

piante quali il bergamotto e<br />

il melograno. In particolare,<br />

a essere supportati da<br />

evidenze scientifiche<br />

sono i nutraceutici<br />

standardizzati in frazione<br />

polifenolica (per quanto<br />

riguarda il bergamotto)<br />

e in acido ellagico (per<br />

il melograno). Tuttavia,<br />

per ottenere un’efficacia<br />

misurabile è necessario<br />

disporre di una capacità<br />

tecnica di estrazione e<br />

standardizzazione molto<br />

importante che impatta<br />

significativamente anche<br />

sui costi del prodotto finale.<br />

Esiste poi un problema di<br />

reperibilità della materia<br />

prima. Sia per quanto<br />

riguarda il bergamotto che<br />

per il melograno, le zone<br />

di coltivazione su terreno<br />

dove tali specie crescono<br />

spontaneamente sono<br />

limitate ad aree piuttosto<br />

ristrette della macchia<br />

mediterranea italiana:<br />

il rischio, già evidente,<br />

è che molta materia<br />

prima provenga da Paesi<br />

mediterranei extra-Italia e<br />

abbia pertanto una diversa<br />

caratterizzazione in principi<br />

attivi. In generale, questi<br />

nutraceutici sono molto<br />

interessanti, a patto di<br />

riuscire a incrementarne la<br />

coltivazione.<br />

A suo parere la<br />

supplementazione<br />

alimentare viene in<br />

generale effettuata<br />

correttamente?<br />

Tendenzialmente no, per<br />

due motivi principali. Il<br />

primo è legato al fatto<br />

che in Italia domina la<br />

tendenza a effettuare cicli<br />

“<br />

Non tutti<br />

gli operatori<br />

sanitari sono<br />

in grado di<br />

distinguere<br />

i prodotti di<br />

elevata qualità<br />

da quelli più<br />

generalisti<br />

di trattamento anche in<br />

presenza di condizioni<br />

croniche anziché ricorrere<br />

a un’assunzione continuata.<br />

L’esempio classico è<br />

costituito dai fleboprotettori,<br />

che tipicamente vengono<br />

assunti al cambio di<br />

stagione o comunque a cicli<br />

di tre mesi. Un fenomeno<br />

analogo si verifica per<br />

i condroprotettori. La<br />

gestione non appropriata<br />

del problema è legata<br />

spesso alla volontà di non<br />

creare un carico economico<br />

eccessivo sul paziente.<br />

Ma così facendo si corre il<br />

rischio che l’investimento<br />

sull’integratore venga<br />

bruciato. Il secondo motivo<br />

dipende dal fatto che non<br />

tutti gli operatori sanitari<br />

sono in grado, anche per<br />

questioni di formazione<br />

culturale, di distinguere<br />

prodotti selezionati per<br />

determinate caratteristiche<br />

(elevata qualità, elevata<br />

titolazione in principio<br />

attivo, lavorazione di tipo<br />

farmaceutico) rispetto a<br />

prodotti più generalisti.<br />

Questo fa sì che anche il<br />

consumatore venga un po’<br />

disorientato dal confronto<br />

con quello che trova nel<br />

mass market oppure online,<br />

contesti dove il criterio<br />

che guida l’acquisto è<br />

più frequentemente la<br />

convenienza economica,<br />

anche a scapito della<br />

qualità. Il professionista<br />

che suggerisce o prescrive<br />

integratori dovrebbe<br />

pertanto essere molto<br />

motivante anche dal punto<br />

di vista della qualità.<br />

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