07.09.2023 Views

Makinglife n.4 2023

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

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nemmeno a comprendere<br />

le ipotesi di scenario e<br />

le possibili tendenze del<br />

mercato. Ci fanno sentire<br />

minacciati in quelle<br />

che crediamo essere le<br />

nostre antiche abitudini,<br />

senza nemmeno farci<br />

ragionare sul fatto che<br />

la grande industria ha<br />

già polverizzato, di fatto,<br />

l’autentica tradizione in<br />

nome di un marchio, il<br />

“made in Italy” che ha<br />

una positiva funzione<br />

di marketing ma non si<br />

riferisce a una realtà<br />

storica e fattuale.<br />

Quali sono queste ipotesi<br />

di scenario?<br />

Partiamo da un dato di<br />

fatto: negli ultimi dieci<br />

anni abbiamo assistito a<br />

un crollo del prezzo di un<br />

singolo hamburger coltivato<br />

in vitro. Siamo passati da<br />

una cifra quantificabile<br />

attorno ai 250mila dollari<br />

a una decina di dollari<br />

circa. Tuttavia siamo<br />

ancora molto lontani dal<br />

raggiungere una economia<br />

di scala che sia realmente<br />

competitiva rispetto a<br />

quella garantita dagli<br />

allevamenti intensivi.<br />

Questo perché sono<br />

ancora necessari dei veri<br />

e propri breakthrough<br />

tecnologici e ingegneristici.<br />

Queste colture in vitro<br />

necessitano di standard<br />

altissimi di sicurezza<br />

biotecnologica. Piccoli<br />

reattori di coltura sono<br />

facilmente controllabili.<br />

Grandi reattori, quelli che<br />

dovrebbero consentire<br />

una competizione con<br />

gli allevamenti odierni,<br />

richiedono ancora grandi<br />

“ L’IDEA CHE DALL’OGGI AL DOMANI<br />

I CIBI FRANKENSTEIN SARANNO<br />

IMPOSTI DALL’ALTO SULLE NOSTRE<br />

TAVOLE È SOLO UNA NARRATIVA<br />

COSTRUITA AD ARTE<br />

sforzi e grandi investimenti.<br />

Questo significa che<br />

la carne coltivata in<br />

vitro è poco più di un<br />

esperimento?<br />

Non proprio, ma la sua<br />

affermazione sul mercato<br />

sarà graduale e non è<br />

detto che superi alcuni<br />

“sbarramenti” che ne<br />

impediscono l’affermazione<br />

per soddisfare la richiesta<br />

di massa. Ritengo sia<br />

più probabile che si<br />

proceda per gradi,<br />

attraverso limitate<br />

produzioni gourmet.<br />

Poi, con l’auspicabile<br />

(e storicamente già<br />

sperimentato: basti vedere<br />

le affermazioni di cellulari,<br />

personal computer ecc.)<br />

ulteriore abbassamento<br />

dei costi di produzione,<br />

allora il discorso potrebbe<br />

cambiare. Gli investimenti<br />

sulle startup sono ingenti<br />

ma penso che prima di<br />

dieci anni non si potrà<br />

comprendere con esattezza<br />

quale sia la fetta di mercato<br />

che sapranno ritagliarsi<br />

questi prodotti. L’idea che<br />

dall’oggi al domani i cibi<br />

Frankenstein saranno<br />

imposti dall’alto sulle<br />

nostre tavole è solo una<br />

narrativa costruita ad arte.<br />

Qual è il senso di questa<br />

narrativa?<br />

Spostare i termini del<br />

problema da un piano<br />

razionale a uno irrazionale<br />

e quindi non misurabile<br />

perché basato sull’emotività<br />

e i preconcetti. Invece<br />

basterebbe fare alcuni<br />

ragionamenti per guardare<br />

con minore diffidenza<br />

e maggiore interesse a<br />

questa possibilità.<br />

Non basta il motivo etico<br />

legato alla sofferenza<br />

animale?<br />

Andiamo su dati fattuali:<br />

il 70% degli antibiotici<br />

utilizzati sul pianeta è<br />

usato per l’allevamento<br />

animale, aumentando<br />

esponenzialmente i<br />

fenomeni di resistenza<br />

batterica. La produzione<br />

di un singolo chilogrammo<br />

di carne rossa necessita<br />

dai 15 ai 20mila litri di<br />

acqua, grazie alla quale si<br />

potrebbero invece ottenere<br />

1.000 Kg di frumento. Al<br />

contrario, la carne coltivata<br />

in vitro permetterebbe di<br />

non usare antibiotici, un<br />

risparmio stimato attorno<br />

al 45% delle risorse<br />

energetiche, il 99% in meno<br />

del suolo e una percentuale<br />

compresa tra l’82 e il 96%<br />

in meno di acqua. Avremmo<br />

anche un abbattimento<br />

delle emissioni di gas serra,<br />

quantificabile tra il 78 e il<br />

96%.<br />

Verrebbe facile pensare<br />

che dietro a questa<br />

narrativa ci sia l’industria<br />

agroalimentare, volta a<br />

mantenere una sorta di<br />

status quo. È così?<br />

“ IL 70% DEGLI ANTIBIOTICI<br />

UTILIZZATI SUL PIANETA È USATO<br />

PER L’ALLEVAMENTO ANIMALE,<br />

AUMENTANDO ESPONENZIALMENTE<br />

I FENOMENI DI RESISTENZA<br />

BATTERICA<br />

Anche in questo caso la<br />

risposta è complessa.<br />

Va infatti spiegato che<br />

i primi e i più convinti<br />

finanziatori delle startup<br />

per la carne coltivata in<br />

vitro sono proprio le grandi<br />

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