Makinglife n.4 2023
Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.
Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.
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nemmeno a comprendere<br />
le ipotesi di scenario e<br />
le possibili tendenze del<br />
mercato. Ci fanno sentire<br />
minacciati in quelle<br />
che crediamo essere le<br />
nostre antiche abitudini,<br />
senza nemmeno farci<br />
ragionare sul fatto che<br />
la grande industria ha<br />
già polverizzato, di fatto,<br />
l’autentica tradizione in<br />
nome di un marchio, il<br />
“made in Italy” che ha<br />
una positiva funzione<br />
di marketing ma non si<br />
riferisce a una realtà<br />
storica e fattuale.<br />
Quali sono queste ipotesi<br />
di scenario?<br />
Partiamo da un dato di<br />
fatto: negli ultimi dieci<br />
anni abbiamo assistito a<br />
un crollo del prezzo di un<br />
singolo hamburger coltivato<br />
in vitro. Siamo passati da<br />
una cifra quantificabile<br />
attorno ai 250mila dollari<br />
a una decina di dollari<br />
circa. Tuttavia siamo<br />
ancora molto lontani dal<br />
raggiungere una economia<br />
di scala che sia realmente<br />
competitiva rispetto a<br />
quella garantita dagli<br />
allevamenti intensivi.<br />
Questo perché sono<br />
ancora necessari dei veri<br />
e propri breakthrough<br />
tecnologici e ingegneristici.<br />
Queste colture in vitro<br />
necessitano di standard<br />
altissimi di sicurezza<br />
biotecnologica. Piccoli<br />
reattori di coltura sono<br />
facilmente controllabili.<br />
Grandi reattori, quelli che<br />
dovrebbero consentire<br />
una competizione con<br />
gli allevamenti odierni,<br />
richiedono ancora grandi<br />
“ L’IDEA CHE DALL’OGGI AL DOMANI<br />
I CIBI FRANKENSTEIN SARANNO<br />
IMPOSTI DALL’ALTO SULLE NOSTRE<br />
TAVOLE È SOLO UNA NARRATIVA<br />
COSTRUITA AD ARTE<br />
sforzi e grandi investimenti.<br />
Questo significa che<br />
la carne coltivata in<br />
vitro è poco più di un<br />
esperimento?<br />
Non proprio, ma la sua<br />
affermazione sul mercato<br />
sarà graduale e non è<br />
detto che superi alcuni<br />
“sbarramenti” che ne<br />
impediscono l’affermazione<br />
per soddisfare la richiesta<br />
di massa. Ritengo sia<br />
più probabile che si<br />
proceda per gradi,<br />
attraverso limitate<br />
produzioni gourmet.<br />
Poi, con l’auspicabile<br />
(e storicamente già<br />
sperimentato: basti vedere<br />
le affermazioni di cellulari,<br />
personal computer ecc.)<br />
ulteriore abbassamento<br />
dei costi di produzione,<br />
allora il discorso potrebbe<br />
cambiare. Gli investimenti<br />
sulle startup sono ingenti<br />
ma penso che prima di<br />
dieci anni non si potrà<br />
comprendere con esattezza<br />
quale sia la fetta di mercato<br />
che sapranno ritagliarsi<br />
questi prodotti. L’idea che<br />
dall’oggi al domani i cibi<br />
Frankenstein saranno<br />
imposti dall’alto sulle<br />
nostre tavole è solo una<br />
narrativa costruita ad arte.<br />
Qual è il senso di questa<br />
narrativa?<br />
Spostare i termini del<br />
problema da un piano<br />
razionale a uno irrazionale<br />
e quindi non misurabile<br />
perché basato sull’emotività<br />
e i preconcetti. Invece<br />
basterebbe fare alcuni<br />
ragionamenti per guardare<br />
con minore diffidenza<br />
e maggiore interesse a<br />
questa possibilità.<br />
Non basta il motivo etico<br />
legato alla sofferenza<br />
animale?<br />
Andiamo su dati fattuali:<br />
il 70% degli antibiotici<br />
utilizzati sul pianeta è<br />
usato per l’allevamento<br />
animale, aumentando<br />
esponenzialmente i<br />
fenomeni di resistenza<br />
batterica. La produzione<br />
di un singolo chilogrammo<br />
di carne rossa necessita<br />
dai 15 ai 20mila litri di<br />
acqua, grazie alla quale si<br />
potrebbero invece ottenere<br />
1.000 Kg di frumento. Al<br />
contrario, la carne coltivata<br />
in vitro permetterebbe di<br />
non usare antibiotici, un<br />
risparmio stimato attorno<br />
al 45% delle risorse<br />
energetiche, il 99% in meno<br />
del suolo e una percentuale<br />
compresa tra l’82 e il 96%<br />
in meno di acqua. Avremmo<br />
anche un abbattimento<br />
delle emissioni di gas serra,<br />
quantificabile tra il 78 e il<br />
96%.<br />
Verrebbe facile pensare<br />
che dietro a questa<br />
narrativa ci sia l’industria<br />
agroalimentare, volta a<br />
mantenere una sorta di<br />
status quo. È così?<br />
“ IL 70% DEGLI ANTIBIOTICI<br />
UTILIZZATI SUL PIANETA È USATO<br />
PER L’ALLEVAMENTO ANIMALE,<br />
AUMENTANDO ESPONENZIALMENTE<br />
I FENOMENI DI RESISTENZA<br />
BATTERICA<br />
Anche in questo caso la<br />
risposta è complessa.<br />
Va infatti spiegato che<br />
i primi e i più convinti<br />
finanziatori delle startup<br />
per la carne coltivata in<br />
vitro sono proprio le grandi<br />
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