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Makinglife n.4 2023

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

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makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Il concetto di sostenibilità<br />

è uno dei più controversi di<br />

questi ultimi anni. La parola<br />

stessa – sostenibilità<br />

– è nobilissima nelle<br />

intenzioni ma anche<br />

gravata da una serie di<br />

equivoci che impediscono<br />

di comprenderne le<br />

implicazioni di carattere<br />

non solo produttivo ed<br />

economico, ma anche<br />

quelle correlate alle<br />

trasformazioni culturali, di<br />

consumo e di approccio alle<br />

innovazioni tecnologiche.<br />

I temi della sostenibilità<br />

riguardano ogni settore<br />

industriale. Dalla<br />

produzione energetica alla<br />

mobilità, fino a toccare<br />

l’alimentazione che, come<br />

sappiamo molto bene noi<br />

in Italia, è anche un fatto<br />

identitario, come testimonia<br />

la dicitura data al nuovo<br />

ministero dell’Agricoltura,<br />

che comprende anche<br />

sovranità alimentare<br />

(e foreste). È in questo<br />

scenario che si inserisce<br />

ogni discorso collegato alle<br />

innovazioni del comparto<br />

agroalimentare. Qui, oltre<br />

alle questioni ambientali,<br />

si inseriscono anche<br />

temi di carattere etico<br />

(un buon indice di ciò è<br />

l’aumento del veganesimo,<br />

passato dal 2,2 al 2,4%<br />

della popolazione italiana)<br />

e sanitario, stanti le più<br />

recenti indagini sulla<br />

correlazione tra abitudini<br />

alimentari e rischio<br />

neoplastico.<br />

Il rapporto tra innovazione<br />

tecnologica e sostenibilità<br />

Cominciamo allora da una<br />

considerazione di carattere<br />

generale: secondo i rapporti<br />

Fao, la curva di crescita<br />

demografica porterà la<br />

popolazione mondiale a<br />

9 miliardi di individui nel<br />

2050. Il consumo di carni<br />

è destinato – parimenti –<br />

a salire da 258 milioni di<br />

tonnellate (dati 2005/2007)<br />

a 455 milioni per l’anno<br />

di metà secolo. Per far<br />

fronte alle necessità delle<br />

industrie del settore, le<br />

attuali linee di tendenza<br />

sono insostenibili: il<br />

fenomeno del landgrabbing<br />

(soprattutto a spese di<br />

Paesi africani), monitorato<br />

dalla piattaforma Land<br />

Matrix, stima in 93 milioni<br />

di ettari di terreno fertile<br />

l’estensione della vendita<br />

di terreni nel solo 2020<br />

(per un totale di 2.300<br />

accordi commerciali). Non<br />

tutti questi sono usati<br />

per colture estensive: lo<br />

sfruttamento del suolo<br />

riguarda anche l’estrazione<br />

mineraria e – fenomeno<br />

poco noto ma non meno<br />

importante – persino la<br />

riforestazione coatta,<br />

eseguita per compensare<br />

le emissioni di anidride<br />

carbonica a spese, però,<br />

delle esigenze delle<br />

comunità che, di fatto, non<br />

sono più padrone dei propri<br />

terreni.<br />

Anche alla luce di questi<br />

“ APPARE ORMAI CHIARO CHE GLI<br />

ATTUALI SISTEMI DI PRODUZIONE<br />

NON SONO IN GRADO DI<br />

SALVAGUARDARE DOMANDA E<br />

AMBIENTE<br />

pochissimi esempi (che<br />

pure potrebbero essere<br />

molti di più, ma per<br />

comprendere i termini del<br />

problema è sufficiente<br />

guardare l’indicatore<br />

globale dell’Earth<br />

Overshoot), appare ormai<br />

chiaro che gli attuali<br />

sistemi di produzione<br />

non sono in grado di<br />

salvaguardare domanda e<br />

ambiente. Di conseguenza<br />

ci sono di fronte a noi due<br />

strade praticabili: quella<br />

cultural-filosofica alla<br />

Serge Latouche (teorico<br />

della “decrescita felice”)<br />

oppure quella legata alla<br />

ricerca tecnologica che,<br />

tuttavia, richiede uno<br />

sforzo non dissimile, in<br />

termini di evoluzione<br />

culturale, alfabetizzazione<br />

tecnologica e<br />

consapevolezza collettiva.<br />

Per provare a chiarire<br />

almeno parte di questo<br />

immenso problema,<br />

abbiamo fatto una lunga<br />

e bella chiacchierata con<br />

Marco Annoni, coordinatore<br />

del comitato etico della<br />

Fondazione Veronesi e<br />

direttore del Future of<br />

science and ethics.<br />

Partiamo dalla “carne<br />

sintetica”, che sembra<br />

essere uno dei paradigmi<br />

per affrontare l’intero<br />

discorso.<br />

Sappiamo che gli attuali<br />

sistemi di allevamento sono<br />

insostenibili ma quando<br />

si parla di innovazione nel<br />

comparto agroalimentare<br />

l’atteggiamento diventa<br />

subito conservatore.<br />

È così. I media approcciano<br />

queste tematiche – e mi<br />

riferisco anche all’uso di<br />

farine a base di insetti e<br />

altre situazioni simili – in<br />

maniera decisamente poco<br />

laica. L’utilizzo di formule<br />

tipo “Frankensteinburger”<br />

riferendosi alla cosiddetta<br />

carne sintetica (che<br />

dovrebbe essere più<br />

correttamente chiamata<br />

“carne coltivata in vitro”)<br />

non è di alcuna utilità<br />

informativa e non fa che<br />

alimentare i preconcetti.<br />

Peraltro non aiuta<br />

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